Quattro stelle

Abbiamo atteso per anni un portale che consentisse di votare programma e candidati. Ci ritroviamo invece in un Movimento che, in nome di uno straordinario risultato elettorale, calpesta i più basilari principi democratici, diramando comunicati politici pensati da una manciata di persone sconosciute. Un Movimento definito come “senza leader” che scopre oggi di avere un “capo politico”, che delegittima ed umilia persone che hanno dedicato anima e corpo ad un progetto in cui si identificavano. Un Movimento che trascura qualsiasi progetto formativo, che possa elevare le competenze di cittadini ed eletti, che lascia libertà di azione sul territorio, ai limiti dell’anarchia, ma colpisce presunte ingerenze nelle scelte nazionali. Un Movimento che allontana le persone che si dimostrarono preziose nella costruzione del M5S quando aveva zero elettori, ma ora, raggiunti i numeri elettorali, diventano superflue per parlare alla pancia degli italiani. Come pensano Grillo e Casaleggio di utilizzare i voti chiesti per cambiare il paese, se al tempo stesso non agiscono coerentemente per far crescere confronto delle idee, competenza, capacità progettuale e trasparenza? A che serve mandare a casa la casta, se non sapremo dare risposte giuste ai problemi del paese, obbiettivo che richiede scelte condivise? Dimostrato che non v’è interesse per lo sviluppo e la crescita del collettivo, né per la creazione di un programma nazionale adeguato, discusso e condiviso (infatti è congelato da tre anni), neppure per promuovere a livello nazionale consultazione e democrazia diretta per la definizione delle regole che sono di tutti, ed infine che non v’è trasparenza e possibilità di controllo da parte della rete nella gestione delle informazioni relative al portale, qual è l’obiettivo ultimo di Casaleggio?

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La critica puntuale al “porcellum” di Beppe Grillo viene da Valentino Tavolazzi, espulso con tutta la sua lista ferrarese dall’accesso al marchio ufficiale del 5 stelle. Tavolazzi, insieme a Favia, Salsi e altri forma l’area dei “dissidenti” nel movimento.

Inutile dire che quanto lui afferma (lettura consigliata) è di importanza cruciale per l’entrata piena in politica di una nuova generazione, per il cambiamento del sistema, per l’Italia.

 

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Regione Sicilia, e poi Lombardia e Lazio

La rivoluzione politica siciliana è potenzialmente bellissima. Personalmente la interpreto così. Gli 800mila elettori che hanno deciso di astenersi sono, in gran parte, soggetti che vivono culturalmente (e praticamente) la politica come scambio. Io ti dò il voto e tu mi dai qualcosa.

La regione Sicilia, con i suoi 150mila stipendiati (diretti e non) è il prodotto di questa politica di scambio, e non di progetto.

Ora però i soldi sono finiti. La Regione è a rischio ravvicinato di bancarotta.  Ora, comunque vada, si aprirà la fase, durissima, del riequilibio.

In questo contesto si inserisce il 15% conquistato da M5s. A leggere le biografie dei giovani eletti si capisce che siamo in presenza di attivisti di progetto. Dalle scorte civiche ai magistrati di Caltanissetta promosse da Cancelleri alle iniziative nell’agricoltura a km zero.

Non sembra che si aspettino scambi, per sè o per altri. Ma nuovi spazi per generare sviluppo, speranze concrete per i giovani siciliani.

Qui si gioca la vera sfida di Crocetta. Non nel ragganciare i resti della vacchia politica. Ma nello stabilire, sui progetti, un sistema di connessioni. Fondamentale anche per la sua dichiarata attività di risanamento.

Tra poche settimane, concludo, uno scenario simile potrebbe presentarsi in Lombardia. Invito quindi il Pd a una seria riflessione. Sul futuro dell’Italia.

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I mercati hanno paura di Berlusconi, l’Italia no

Oggi lo spread è salito, segno internazionale di paura di fronte ai rigurgiti politici del condannato in primo grado per maxi-evasione. Però tutti i bot sono stati venduti alla grande, otto miliardi, e a tassi in calo. Come interpretare tutto ciò?

Non è che per caso centinaia di migliaia di risparmiatori e investitori italiani ritengono ormai Berlusconi ininfluente sulle proprie valutazioni di rischio? Alias lo ritengono un arnese del passato?

Metterei questo paramentro anche nei modelli della City, di Francoforte e di Wall Street.

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I campioni dei vent’anni

Prima D’Alema, con il suo riluttante passo indietro. Poi Berlusconi, che annuncia con le fanfare il suo nobile ritiro e il giorno dopo si vede appioppare una condanna come mega evasore fiscale, costruttore di fondi neri esteri (anche nel preiodo di governo) come “criminale naturale”. Oggi infine la dichiarazione da parte di Filippo Penati del suo abbandono della politica. E le dimissioni della giunta Formigoni (ma non del sistema di potere ciellino creato da lui nella sanità lombarda).

D’Alema, Berlusconi, Penati, Formigoni. I campioni di vent’anni di degrado italiano, di stagnazione, di arricchimenti, di sperperi e corruzione. Escono di scena. O almeno dicono.

Forza, un ciclo si sta realmente chiudendo nella grande crisi italiana. Facciamoci avanti per ricostruire.

Ci vorranno anni per risanare la sola Regione Lombardia (non parlo del Lazio e Sicilia). Cercansi giovani, preparati, incorruttibili e coraggiosi. Cercansi servitori della Cosa Pubblica esperti e altrettanto coraggiosi. Un’alleanza intergenerazionale tra italiani integri sarà decisiva.

Il resto sono parole.

 

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Il 117 sta votando

L’analisi precedente, a dispetto della sua apparente farraginosità, ci permette di capire il vero problema dell’Italia. Se anche la più accreditata delle sue grandi forze politiche (il Pd) non riesce a partorire un progetto all’altezza della crisi italiana, siamo in presenza di un enorme gap di credibilità.

Dal 2013 al 2020, almeno, l’Italia varà vitale bisogno di reistituire un sistema di regole, degradatosi in decennio (ben prima della megalegislatura Craxi-Berlusconi). E’ l’unica possibilità per restare sui mercati e per investire in capitale umano, industria e futuro.

L’assenza di questa zavorra, che grava su imprese, lavoro e società, avrebbe garantito tra il 1970 e il 2000 una crescita economica due volte superiore

Infine per tornare a risparmiare e avere finalmente un’accumulazione produttiva di capitale, bloccatasi dagli anni 60.

Questa vicenda (reale) è poco insegnata persino nelle facoltà di economia italiane. Ci tornerò, ma non voglio tediarvi con gli antichi relitti della grande industria italiana, dal 1950 ad oggi.

Oggi il passaggio si chiama legalità come motore del risanamento. E nessuna forza politica lo ha realmente in programma. Non il Pdl, non Grillo, solo a fugaci mezzitoni il Pd.

Quindi….chi può impersonare questo progetto vitale?

Il 117 sta già votando. Gli italiani denunciano alla Guardia di Finanza, a ritmo doppio, evasioni, illegalità e lavoro nero. C’è meno rassegnazione e omertà, anche a causa della crisi. Qualcuno credibilmente ha però, fin da gennaio, dato il segnale giusto. Questo governo.

Diciamocelo chiaro. Invito caldamente a ripetere nelle urne questo fenomeno. Fino a coinvolgere quel 45% degli elettori messosi alla finestra.

In alternativa: che Bersani e il Pd la smettano. Caccino i corrotti (Penati in primis) e scrivano (e poi attuino) un progetto politico come si deve.

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Primarie a legalità limitata

Se posso non scelgo a caso. Cerco di fare dei confronti. Specie se è in ballo chi dovrà governare l’Italia nei prossimi 5 anni difficili e cruciali. Si deciderà intorno al 2015-2017 se il mio Paese sarà definitivamente in default o avrà cominciato a invertire un lungo processo di avvitamento, a mio avviso iniziato nel 1962. Con l’inizio della lunga era dell’irresponsabilità politica.

Le elezioni del 2013 saranno quindi un cosa piuttosto seria. Almeno spero.

Mi sono fatto alcune convinzioni elementari al riguardo. In sintesi: la destra italiana, dopo il disastro Berlusconi, è oggi di fatto fuori gioco, frantumata nella sfiducia collettiva e priva di idee credibili.

Grillo&Casaleggio al massimo prenderanno un 20%. E al momento non danno mostra di idee o programmi politici reali, salvo qualche balla emotiva sull’uscita dall’euro e altre amenità. Casaleggio costruirà a tavolino un suo programma (invece di farlo sviluppare alla rete dei 5 stelle, come hanno fatto i pirati tedeschi) e forse imporrà i suoi candidati. Alla fine emergerà chiaro il carattere manipolatorio di questo leader occulto. E tanti giovani in buona fede si regoleranno di conseguenza.

Dove è la vera scelta politica di governo? Di fatto, dentro il Pd. Dove si combattono due proposte: Renzi contro Bersani.

Il primo ha già ottenuto un risultato quasi storico. Grazie all’autorinuncia di Veltroni a candidarsi al Parlamento ha di fatto costretto il pilastro della conservazione Pd, Massimo D’Alema, ha annunciare un passo indietro di qualche sorta.

Se così sarà l’Italia gliene sarà grata (nutro ancora molti dubbi che D’Alema, e soprattutto il suo sistema di potere dentro e fuori il Pd, possano davvero accettare un passo indietro). Ma tant’è. Il lider Maximo è stato messo per una volta alle corde. E la sua capacità di incidere su Bersani e il Pd si è ridotta.

Ora però l’attenzione passa, dalla rottamazione, alle idee. E qui mi sono andato a leggere le 12 schede che Renzi ha messo sul suo sito, confrontandole con le 10 proposizioni di Bersani.

Devo dire che Bersani è più efficace. Le sue 10 idee sono di sinistra, ragionevoli, e ragionevolmente vaghe. Si percepisce anche il sottofondo vero. Noi andremo al governo e…..ci terremo Monti (spingendolo però a non rompere i nostri paletti fondamentali). Di fatto questo è il messaggio (non potrebbe essere ovviamente esplicito,  data la natura della competizione a premier delle primarie stesse. E data anche l’alleanza con Vendola, dove Sel vede come fumo negli occhi la riproposizione del premier attuale).

E’ una strategia chiara, comprensibile, istintivamente condivisa dal 50% degli italiani. Niente voli pindarici, si farà quello che si potrà, si cercherà di fare di Monti una sorta di nuovo Ciampi (il precedente curatore fallimentare della Repubblica nel 1992).

Scusate se liquido Bersani così, ma cerco di andare all’essenziale. E dal punto di vista di una strategia credibile per i critici prossimi 5 anni.

Renzi invece è una storia diversa. Lui descrive nelle sue 12 schede un vero e proprio programma politico, anche piuttosto dettagliato. Il concetto di fondo è: se vinco governo io, mica Monti.

Come? Beh, l’asse portante del progetto di Renzi (almeno nelle parole scritte sul web) mi pare centrato su un grande trasferimento. Dalla spesa pubblica e dall’evasione fiscale verso il welfare (sostegno alle famiglie povere, asili, studenti….). Una redistribuzione di risorse abbastanza importante. Ce va dall’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico per ridurre il debito (previsto anche da Monti), al taglio sulle spese pubbliche di beni e servizi e a quelle “intermediate” (alle imprese).

Discutibile, e molto, l’idea di aggregare Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e giustizia fiscale nel pieno di uno sforzo senza precedenti contro l’evasione. Forse Renzi non sa che è meglio fare queste riforme, pur validissime, al momento opportuno. Per non trovarsi con una macchina fiscale paralizzata proprio quando serve.

Ok. Queste risorse, che Renzi sostiene realisticamente mobilitabili, dovranno andare in riforme di modernizzazione in molti settori. Potenziamento della scuola pubblica, riscrizione all’inglese delle regole universitarie, investimenti nel turismo e nelle opere pubbliche effettivamente necessarie, e-government fiscale a livello europeo….

Insieme a una forte spinta sulle liberalizzazioni, dalle banche alle assicurazioni fino alle utilities.

Ho riassunto male le 12 schede perchè dentro c’è molto di più. Alcune sembrano scritte da giovani scienziati politici e economisti con una evidente esperienza europea. In queste migliori pratiche europee da portare in Italia sta  forse il meglio del progettto.

Il programma di Renzi non è quindi dannoso nè sbagliato. Per quello che scrive è positivamente bello. Però è parziale.

Mi spiego. Le politiche di Monti hanno a già mostrato il loro limite nell’impulso alla crescita. E temo che per Renzi sarà la stessa cosa.

Renzi descrive un buon adeguamento agli standard europei in molti settori (fisco, università, welfare, tribunali, mercato del lavoro….) ma non ci sono idee-forza.

Qualsiasi euro pubblico si metta in un progetto viene taglieggiato dai network corrotti imperanti. Risultato: vendiamo patrimonio pubblico, tassiamo (o non de-tassiamo), contrastiamo l’evasione e poi……il solito assalto alla diligenza?

E’ molto sfocato infatti (e vale anche per Bersani) il tema della legalità. Certo, sia Bersani che Renzi includono un intervento sul conflitto  di interessi e sul falso in bilancio. Renzi accenna a tempi di processo più brevi, ridisegno di alcuni reati e pene, tribunali più efficienti. Ma il grande tema della legalità, al centro della storia d’Italia dai tempi di  Craxi e Andreotti, poi del primo default ddel 1992 e di Mani Pulite non compare, se non indirettamente su alcuni punti. E altrettanto vale per la lotta alla corruzione. Eppure il macigno del debito pubblico italiano nasce in gran parte da lì. E il vero cambiamento storico è lì. In regole effettivamente rispettare da tutti.

Come mai questo “downgrading” della legalità in ambedue i programmi di origine Pd?

Già, Bersani ha i suoi Penati con cui fare i conti. E Renzi alcuni  piccoli problemi passati alla Provincia e ora al Comune di  Firenze. Ambedue non sono dei novellini, ambedue fanno parte di un partito che ha la sua bella zavorra, da Tarantini al sistema Sesto.

Ma anche: ambedue (soprattutto Renzi) puntano all’elettorato Pdl in libera uscita. Che non gradisce molto il tema “giustizialista”, come è noto (e come è esperienza del degrado degli ultimi vent’anni berlusconiani).

Risultato: due progetti politici monchi, deludenti, e proprio sulla parte “difficile” che invece richiederebbe leader realmente al di sopra delle parti.

In sintesi. Il sogno che Renzi realmente ci propone è solo la sua età (percepita). E l’esclusione dal potere di alcuni personaggi decotti. E Giorgio Gori, il cervello di Mediaset e coordinatore della sua campagna elettorale, lo ha capito e ci sta vendendo  questo. Il che non sarebbe nemmeno poco, data l’esclusione delle fasce  più giovani dalla classe dirigente.

Infine: Quale certezza abbiamo che questi “pezzi di carta” non restino tali? Implicitamente il programma di Bersani è “garantito” da Monti. Chi ci garantisce che Renzi, una volta scritte (o fatte scrivere) le sue 12 schede, le metta davvero in atto? Chi garantisce Renzi? Il partito Pd e le sue tremila cordate interne? Gori?

Quale accredito avrebbe Renzi, con questo programma bellino ma astutamente monco, presso l’Europa e i mercati internazionali?

Tutto sommato, ma solo se letto tra le righe, il progetto politico implicito di Bersani sembra quindi più credibile. Propone la continuità con il presente governo. E Monti non ha bisogno di nessun Gori o Casaleggio. Il suo programma è il 120% quello di Renzi. Con qualche parte mancante (e decisiva) in più.

 

 

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Renzi, ma lo sai cos’è un hedge fund?

Un hedge fund, o fondo speculativo, è un soggetto che fa profitti lucrando su qualsiasi asimmetria di mercato. Titoli sottovalutati o sopravvalutati, siano essi di stati o di singole entità (imprese, enti pubblici….). L’hedge fund remunera i suoi investitori con questi profitti, veloci, istantanei, senza scrupoli o remore. In alcuni (molti) casi i gestori di questi fondi operano anche nella compravendita di aziende. Spesso in difficoltà e rivendute con profitto dopo procedure di vendita del patrimonio, scorpori e licenziamenti di massa. Alias spolpamenti.

Gordon Gekko, il personaggio di “Wall Street” di Oliver Stone è abbastanza vicino al profilo reale di un gestore di Hedge Funds.

Dunque, caro Matteo Renzi, tu te la fai con questa gente?  Ti fai organizzare da loro gli incontri a Milano? E pretendi di fare fesso uno come me, con trent’anni sul gobbo di giornalismo economico?

Dai ragazzino , vai a ranare. Ritiro seccamente la mia disponibilità a votarti. Non voto per i mafiosi, ma nemmeno per i vampiri.

P.s D’Alema, quando andò al potere, si era circondato dei suoi Consorte, Gnutti, Colannino….si papparono Telecom e poi altro. 100mila posti di lavoro bruciati, Tim bruciata, Telecom spolpata. Vogliamo ripetere caro Renzi? ….

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Il nuovo Iri

Il lungo servizio di Report sulla Cassa Depositi e Prestiti mi  è parso abbastanza illuminante. Il sistema italiano, architetto Giulio Tremonti, ha re-sviluppato, silenziosamente, una sua architettura di partecipazioni statali, anche per il dopo crisi.

Un classico, si direbbe.

Il pilastro è la Cdp, interconnessa al sistema bancario, con un ruolo (ovviamente un po’ modernizzato) di nuovo Iri, l’istituto per la ricostruzione industriale di antica memoria, protagonista dell’industria di Stato italiana, dalla depressione degli anni 30 a pochi decenni fa.

La Cassa ne sembra, sempre più, investimento dopo investimento in aziende ex pubbliche, infrastrutturali e non, una replica. Di fatto una banca-holding per sostenere grandi aziende in crisi (Fincantieri…), gestire il sistema elettrico e tra poco anche quello delle telecomunicazioni.

Un nuovo Iri potrebbe anche aver senso, per ricostruire l’Italia, ne deduco. A patto però che tutto avvenga nella massima trasparenza, controllabilità, rispetto per i clienti del bancoposta, mercato. E nella massima autonomia dalle lobbies, politiche e bancarie.

Report ha mostrato con evidenza questo processo strutturale in corso. Con non poche ombre. Ha rotto un velo per molti (e anche per me). Spero si continui. Gli anni terminali bui dell’Iri (uno dei protagonisti del nostro debito pubblico) non debbono tornare.

 

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Ballarò in diretta dal Polo Nord

Il dibattito politico italiano (e europeo, e pure Usa) è proprio ridicolo. Sembrano i polli di Renzo del Manzoni, che si beccano prima di essere scannati.

Sono ossessionati da una crisi economica figlia di una crisi finanziaria figlia di un’altra crisi che non riescono a capire.

Non vedono il bandolo della matassa.

E’ la terra in crisi, e l’umanità che sta sulla sua superficie. Che si è espansa e globalizzata troppo, almeno rispetto agli equilibri possibili con le sue tecnologie primitive (petrolio, carbone e vecchio nucleare a fissione in primis)

Il clima sta oggi degenerando, e per l’intero pianeta. Qui una immagine eloquente.  Quanto tempo abbiamo prima che le temperature (quantomeno dell’emisfero nord) crescendo inneschno effetti cumulativi incontrollabili?

Ieri pensavano trenta. Poi gli ultimi dati dai ghiacci del polo nord parlano di un processo in accelerazione…(guardate le curve delle medie decennali nel grafico… e guardate il 2012…)

Dieci anni? Bene, in dieci anni dobbiamo sviluppare una nuova sostenibilità globale. Uno sforzo senza precedenti, una ricerca, un lavoro e un progetto inaudito. Abbastanza per spazzare via l’ineguaglianza attuale e per generare una ripresa su vasta scala. Un’attività vera, vitale. Mica i gadget cinesi.

Ma questi omuncoli che parlano, parlano, parlano lo capiscono? E se magari sì perchè ci mentono?

Forse perchè questo tema, realmente vitale, non porta consensi, rispetto al solito nevrotico oggi e domani? Forse perchè le nostre democrazie non ci permettono di pianificare nulla a dieci anni? Nè di decidere nulla contro le grandi lobbies di potere? Nè di battere corruzione e evasione che ci rubano un quarto del Pil?

In tal caso, stando almeno ai cicli di scioglimento dei ghiacci del nord,  siamo tutti morti. Poveri come ricchi.

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Perchè voterò Renzi

Ho ampiamente documentato, sulla precedente versione di Network Games, il track record di Massimo d’Alema e dei suoi accoliti negli scorsi vent’anni. Il patto della crostata, la distruzione dell’Ulivo, l’assenso all’illegale quotazione in borsa e ricapitalizzazione di Mediaset-Fininvest e il conseguente salvataggio di Berlusconi, la distruzione di Telecom Italia (saccheggiata da Consorte e industrialotti leghisti), di Alitalia e infine la bella epopea Bnl-Unipol. Per finire con il sistema Sesto (S.Giovanni) del dalemiano Penati.

Anche se non penso che Matteo Renzi sarà la catarsi o il salvatore della Patria, mi basta che minacci questa coesa e granitica (finora) accolita post-Pci. E possibilmente ce ne liberi. Per cui lo voterò.

Un po’ di aria nuova è necessaria, ormai.

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