Quei quindici punti

Perdonatemi, ma sono diventato un ottimista paradossale, con oggi.

Vediamo infatti i fatti salienti della giornata. Che si è aperta, sui mercato, con un cannone carico. Ovvero le notizie di sabato scorso sulla crisi delle regioni spagnole (si veda sotto). Rinforzate dall’operazione Buffet-Moody’s per portare l’Italia in serie b, e innalzarne il rischio.

In questo contesto (timore di un default generale spagnolo e rischio dichiarato in aumento per l’Italia) parte una giornata all’insegna delle vendite speculative.

In tutta la mattinata l’operazione ha successo. Lo spread italiano sale a 529 e quello spagnolo a  635. Poi però, nella seconda metà della giornata, il primo recupera quasi 16 punti e il secondo dieci.

E’ successo qualcosa? Ambedue le piazze, Milano e Madrid, hanno bloccato le vendite allo scoperto. Ma può bastare questo per spiegare un evidente fenomeno di riacquisti di titoli di stato di paesi dati, dai soliti noti, poco più che spacciati?

Chiunque sia, Bce o altri, mi sorge il sospetto. Che i titoli di stato italiani e spagnoli sono stati difesi da mani forti. Se è vero questo significa che un risparmiatore oggi ha tutto l’interesse a comprarli. Rendono molto e in qualche modo vengono sostenuti.

Posted in home | 3 Comments

Un governo di medio termine

Oggi  sia il Corriere che la Stampa, e soprattutto l’eretico Fatto Quotidiano mettono in risalto la grande questione politica all’ordine del giorno. Contrastare le previsioni politiche pessimistiche di Moody’s (non ingiustificate). E dare subito ai mercati un segnale di persistenza a medio termine dell’esecutivo Monti, mentre la crisi si aggrava e Spagna appare sull’orlo del default.

Sei regioni spagnole infatti sono al limite del crack, tra esse le grandi Catalogna e Andalusia, mentre Valencia (uno degli epicentri dell bolla immobiliare) lo ha già fatto. Il passo è breve perchè Madrid si metta nelle mani della troika (Ue-Fmi-Bce), come la Grecia.

E la Spagna è il nostro vicino più prossimo.

In effetti, per non essere trascinati a breve nel gorgo, il “segnale Monti” (e il parallelo azzeramento del “rischio Berlusconi”)  appare l’unica carta giocabile, di fronte anche ai tempi lunghi tedeschi per l’avvio dell’Esm e l’entrata in operatività della Bce.

Riforma elettorale subito e elezioni in autunno, quindi. Con una indicazione chiara del premier. E congressi di partito per proclamarla immediate. Prima che sia troppo tardi.

—————

Ps Un governo di medio termine, guidato da una persona credibile, è la prima condizione, e necessaria, per il processo di rientro del debito pubblico italiano sui risparmiatori italiani.

Consiglio anche al Movimento Cinque Stelle una seria riflessione sul tema.

Posted in home | Comments Off

Il venerdì di Moody’s

Cornuti e mazziati. Il crollo di ieri ha un’etichetta ben stampigliata: contro l’euro. Non contro l’Italia e nemmeno la Spagna. No: contro l’euro, contro questa Europa, nelle attuali condizioni ritenuta insostenibile. Contro quindi la faglia sud-europea dell’euro, il punto debole.

La dimostrazione di cosa realmente intendesse fare Moody’s (e i suoi proprietari speculatori) con la messa in serie b dell’Italia.

Noi siamo solo il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Di un vertice del 27 giugno che avrebbe dovuto lanciare il grande firewall e invece questa Europa spaccata se l’è rimangiato subito dopo.

In queste condizioni i mercati non hanno tutti i torti. A fine agosto l’euro poterebbe uscirne a pezzi. E noi, vittime sacrificali, con lui.

Se possibile decidiamoci prima. La mia exit strategy, con un presito forzoso per reinternalizzare il debito, è ancora leggibile qui (e su altri articoli e siti di economisti)

Posted in home | 1 Comment

Quel 1992

Napolitano ha messo il veto sulle conversazioni, sue e e dei suoi, su quel 1992.

Dell’Utri, secondo l’accusa, ha ricattato Berlusconi per avere soldi in cambio del suo silenzio,  in gran parte su quel 1992.

Già, era un anno proprio speciale quel 1992. L’anno della fine politica di Craxi e di Andreotti, l’anno di mani pulite, Ma anche l’anno degli attentati su vasta scala della mafia.

Ma soprattutto fu l’anno in cui l’Italia andò a un millimetro da un colossale fallimento finanziario. In primavera circolavano voci consistenti sul prossimo ritiro massiccio degli investitori internazionali dal debito pubblico italiano (gonfiato dal duo politico-criminale di cui sopra).

A giugno l’Italia era sull’orlo dell’abisso. Proprio quando la Mafia alzò la testa. E si mise a uccidere, alla grande: prima Salvo Lima, poi Falcone e infine Borsellino. E dell’Utri era a Palermo a raccontare della futura Forza Italia.

L’Italia era debole, prostrata. E la Mafia, per chi non lo sapesse, era allora (e tuttora) una grande potenza finanziaria, con massicci investimenti soprattutto in Italia. Si sarebbe ritirata di colpo, dando il via al grande crollo?

Come mai nessuno, anche oggi, fa due più due? Come mai morirono in sequenza (con la manina, pare, dei servizi segreti, fin dall’Addaura) i due magistrati simbolo della lotta antimafia? I due veri pericoli per quella centrale finanziaria?

(e Falcone era un grande specialista nel “follow the money”)

Ci dicono che c’era una trattativa. La mafia ricattava lo stato con la sua potenza militare, di fare attentati. Ma se già nel primo, l’Addaura contro Falcone, oggi sappiamo che c’erano i servizi segreti in pista, e questi sono pezzi di Stato, qual era la capacità militare di ricatto della Mafia contro lo Stato? O c’era un’altra, e più reale, capacità di ricatto?

I due magistrati chiave furono per caso sacrificati? Fu questa la vera trattativa, al di là di un ridicolo papello, con altrettanto patetico ammorbidimento del 41 bis?

Probabilmente non lo sapremo mai.

Posted in home | Comments Off

Magna Grecia

Ora anche il massimo esperto italiano di microclientelismo, famoso per i suoi “confessionali”, la rete capillare per la diffusione del voto di scambio, deve lasciare (spero) la sua suprema poltrona  alla Regione Sicilia. E’ l’esito inevitabile di un lungo fallimento alla greca. L’autonomia speciale siciliana. Impressionante il parallelo storico. Un fato comune, direbbero i classici di Atene.

Posted in home | Comments Off

Il rischio cavaliere

«L’italia ha la capacità e la volontà di cambiare, ma finora è stata sfortunata, non ha avuto il governo giusto per uscire dalla crisi».

La risposta di Monti alla ri-discesa in campo di Berlusconi.

Posted in home | Comments Off

L’antidoto ai vampiri

Magari mi sbaglio. Ma ho la netta sensazione che, con oggi, il giochetto gli funzioni un po’ meno. E la presa sull’Italia cominci a ridursi. Certo, i Warren Buffet e i Lovelace e gli altri speculatori-proprietari delle cosiddette agenzie di rating hanno mosso bene la loro pedina Moody’s. Ha assemblato quattro banalità sull’Italia, spettro di Berlusconi incluso, ha ignorato i passi avanti fatti e ha prodotto a orologeria il solito parametro speculativo al ribasso per i robot finanziari della rete:  da A3 a Baa2.

Il tasso di rischio del debito italiano è quindi cresciuto. Messaggio: vendere, vendere, vendere, c’è odore di spazzatura. E magari  vendere a termine, senza impegnare un dollaro o un euro, sfruttando un mercato impaurito, a vantaggio dei suoi burattinai, i padroni degli arbitri del mercato. Di cui sopra.

Finanzieri Usa alla disperata caccia di profitto da creare dal nulla, di valore da succhiare, quando in casa c’è la deindustrializzazione, la povertà, e il debito (superiore al nostro). I protagonisti occulti della grande, enorme truffa subprime del 2008. Quando le loro equanimi società di rating assegnavano graziosamente alle banche truffatrici la tripla A assicurata. Al popolo americano questo scherzetto è costato 7,7 mila miliardi di dollari.  Se non fossero un impero militare, gli Usa sarebbero oggi in bancarotta.

Per questo Wall Street e Washington hanno tutto l’interesse a scaricare la crisi sull’euro. Per ridurre i costi del proprio, e gigantesco, indebitamento. E il debito italiano è il miglior vaso di coccio, al momento.

Ma questi vampiri hanno sempre meno gioco. Moody’s è sempre meno credibile, anche sui mercati. Ieri l’asta dei titoli di stato italiani è andata sorprendentemente bene, alla faccia loro.

Perchè? Beh, semplice. A furia di urlarci addosso, per spolparci, a furia di vendere, il mercato del debito italiano vede una quota internazionale sempre più ridotta. I delusi, o i seguaci di Moody’s ieri erano in minoranza. E invece sembra crescere la domanda da parte dei cittadini italiani, che hanno disponibiltà patrimoniali mobiliari per per almeno 3mila miliardi di euro. Risparmi in gran parte sudati.

E oggi un titolo al 5%, garantito dallo Stato, con un Monti che è credibile, è di fatto garantito dall’Europa e picchia duro per rimettere i conti in ordine, è un buon affare. Migliore certo di quelle azioni Usa da ottovolante.

E meno rischioso, a ben vedere, di un Bot o Cct comprato nel 2009-2001, con un Berlusconi infoiato nei suoi irresponsabili, tardi divertissement sessuali. E pertanto dileggiato in tutto il mondo.

Oggi, per un risprmiatore, va meglio di allora.

Stiamo piano piano così diventando giapponesi? Che comprano tutto il loro debito, e sono quantomeno al riparo dai vampiri di Wall Street e londinesi (i loro servi sciocchi). Secondo me il trend comincia a orientarsi da questa parte.

In più siamo europei (a differenza degli inglesi) . E ci stiamo faticosamente muovendo verso un’Italia sostenibile. Meno inutile patrimonio pubblico, meno burocrazia, meno evasione. Abbiamo solidarietà, quando qui prima c’era solo disprezzo.

Togliamo quindi ai vampiri i loro giocattolo. Buttiamoli fuori dallItalia. Immunizziamoci. Non facciamoci spolpare (lo spread incontrollati ci costerà 10 miliardi annui, che altrimenti potremmo destinare alla ripresa).  Riduciamo, compriamoci e gestiamoci il debito. E andiamo avanti.

—————–

E invece – come spiega Bersani – c’è «nervosismo e preoccupazione»: «Il fatto che l’Italia faccia ogni sforzo e non le venga mai riconosciuto – dice il segretario del Pd – segnala qualcosa di poco chiaro, l’intenzione di attaccare l’euro usando il nostro Paese come leva per scardinare il sistema».

————

Ultima considerazione: se l’Italia sta per divenire il nuovo cavallo di troia per far saltare l’Euro, conviene anche all’Europa che il suo debito pubblico divenga sempre meno esposto alla speculazione internazionale.

Posted in home | Comments Off

Berlusconi

Ha i soldi. Gli serve. Si candida a premier.

Posted in home | 1 Comment

Perchè è giusto cacciare Formigoni

Uno spaccia per investimento sulla salute e sulla sanità la produzione di cemento inquinato, e prevede di spendervi 450 milioni.

L’altro, un oncologo con una lunga esperienza di pianificazione sanitaria, propone di spenderne poco più di 200, con una soluzione più efficace sul piano dei servizi sanitari e la ricerca.

Monti, Grilli, Bondi, dove siete? Please leggete sotto un mesetto di lavoro giornalistico locale.

E al corteo di clientes dietro il Celeste dico: non illudetevi.

 

Posted in home | 1 Comment

Come Formigoni fa la politica sanitaria

 

Vi propongo tre articoli pubblicati su Z3XMI che ritengo significativi:

E così è rimasta solo Sesto in lizza per la Città della Salute. E Formigoni vi ha rapidamente messo la firma, sabato scorso. Complice anche un Comune di Milano stranamente paralizzato, incapace di definire una reale proposta alternativa, di motivarne gli aspetti sanitari e clinici vincenti, e i costi inferiori. Era tutto pronto, numerosi esperti ci avevano lavorato (si veda qui la proposta sviluppata da Giuseppe Landonio, oncologo e consulente dell’assessore Pierfrancesco Majorino) ma Pisapia ha preferito, alla fine, tirarsi indietro dal tavolo con qualche dichiarazione critica. Senza, di fatto, combattere.

Ha pensato che una proposta ragionevole, competente, ma clinico-scientifica e non immobiliare, come quella di Landonio fosse troppo debole di fronte all’impostazione tutta puntata sulle “aree” e il “cemento” formulata fin dall’inizio da Formigoni?

Doveva battersi comunque.

«il Comune ha sbagliato impostazione. – commenta Carmela Rozza, capogruppo del Pd al Comune – Avrebbero dovuto assumersi l’onere di indicare una strada e un progetto, esprimendo con forza un parere sulla funzionalità dell’operazione e sulle aspettative che devono essere garantite pensando agli interessi dei malati».

E invece niente. L’idea forte di Sesto è passata. Usare la Città della salute, ovvero l’accorpamento in sede nuova dell’Istituto dei Tumori e del neurologico Besta come detonatore del gigantesco progetto immobiliare (firmato Renzo Piano) sulla grande area ex-siderurgica. Regalare alla Regione 100mila metri quadri bonificati (e sottratti all’unico parco previsto) per i due insediamenti sanitari. Costruire, mettere a regime i due ospedali, attrarre le famiglie dei pazienti e possibile indotto. E da lì partire per avviare la bonifica dell’area e le costruzioni (grandi condomini e grattacieli).

Importa a qualcuno se, al 2015, Besta  e Tumori si troveranno in un’enclave magari bonificata ma nel mezzo di 1,3 milioni di metri quadri ancora pesantemente inquinati, con falde idriche piene di metalli pesanti?

Importa a qualcuno se i famosi 340 milioni per il progetto, in apparenza elargiti dalla Regione, diverranno debiti (e pesanti) per i due istituti?

Il fondo rotativo sanitario della Regione  prevede infatti un anticipo dei fondi, ma poi gli enti dovranno rimborsare a vent’anni gli ammontari. Questo significa che Int e Besta dovranno mettere a bilancio almeno una decina di milioni ciascuno di rimborso annuo sul fondo. E questo, in tempi di vacche magre come queste, significa meno ricerca, meno attrezzature, meno risorse.

Per cosa? Per tanto bellissimo cemento nuovo in un mare di inquinamento? Senza reali controlli?

Stiamo ai precedenti. La Regione nel 2006 lanciava l’idea della città della salute. Prescelta l’area di Via Alba, per mettere gli istituti a contatto con l’Ospedale Sacco. Perfetto, ineccepibile. Di qui l’avvio di un consorzio che si produceva in un progetto da ben 6 milioni di Euro. Ma, in mezzo a tanto lavoro di architetti e cervelli, il responsabile del consorzio non si peritava di mandare nemmeno un geometra a supervisionare l’area. Salvo a scoprire, a consorzio costituito, con tanto di sede e dipendenti e a progetto fatto, che là, oddio, vi scorre un allegro fiume, uso a vivacemente esondare ad ogni pioggia autunnale.

Risultato: una perdita secca di 6 milioni nostri e la chiusura del consorzio. Tutto da rifare. Abolita l’idea di un polo con l’ospedale generalista (essenziale ai due istituti). Si punta invece al loro accorpamento secco in un polo edilizio, sulla base di inesistenti ma strombazzate sinergie reciproche. E poi, quasi subito dopo, la proposta sestese. Che i maligni potrebbero dire si annuncia analoga, dati i rischi di inquinamento ambientale (fisico e giudiziario in corso) abbastanza evidenti.

E la prevedibile carenza di fondi in corso d’opera, stante le restrizioni attuali (già Torino ha dovuto cancellare, per taglio da Roma,  la sua città della Salute… )

Prudenza avrebbe voluto che si optasse per soluzioni più rapide, a minor costo, e più sicure. Come quelle indicate da Landonio. Ma Formigoni oppone la fretta di non perdere il contributo da Roma di 40 milioni al progetto (che forse si perderà comunque, data la Spending review in accelerazione).

Ma perché tanta fretta, quando i “privati” (non è ancora dato sapere chi) ce ne metteranno 50 in project financing?

Forse sta nella necessità di contrappore un grande progetto di immagine ai suoi problemi con la Magistratura?

Di sicuro, sul piano strettamente sanitario, tra Int e Besta la necessità impellente di reinsediarsi assieme sono molto scarse. Solo il 7% delle loro ricerche tocca temi comuni. E allora?

Non sarebbe meglio per il Besta traslocare negli spazi liberi dell’area di Niguarda, dove vi sono altre e forti competenze neurologiche? Costo (secondo Landonio): 120 milioni.

E per l’Int, riallocarsi in Città studi, rifacendo padiglioni obsoleti? Costo: 80 milioni. E partecipando al ridisegno dell’area, come sostiene il Consiglio di zona 3.

Risultato: una collocazione ottimale dei due istituti, sicura e a prova di crisi. E un risparmio di 140 milioni pubblici, da investire magari in altre istituzioni sanitarie (come il Policlinico).

Formigoni ha sprezzantemente bocciato queste proposte (peraltro nemmeno presentate al tavolo di sabato). A Niguarda non c’è spazio, ha detto (non è vero, metà dell’ospedale con la ristrutturazione è vuoto). Città Studi è mal servita dai mezzi pubblici (con tram, autobus, stazione ferroviaria e aereoporto di Linate, vedete voi).

Scuse. Per far passare il grande investimento immobiliare, che sta a cuore all’amministrazione di Sesto fin dai tempi di Filippo Penati sindaco. E oggi sta a cuore a Davide Bizzi, il patron di Sesto immobiliare vicino a Maurizio Lupi e a Comunione e Liberazione.

Nomi emblematici. Comunione e Liberazione, il pilastro di Formigoni, e Sistema Sesto. Siamo alle solite, verrebbe da dire.

Peccato infine che i vertici dei due istituti non abbiano mai messo in discussione, nemmeno loro, le criticità e i costi del progetto Sesto. Ma anche qui. Chi li ha nominati? A chi rispondono? Facile immaginarlo.

—————–

C’è anche chi, a Sesto S.Giovanni, è contrario all’insediamento della Città della Salute nell’area Falk. Ne abbiamo discusso, come redazione di Z3xMI, con esponenti di Legambiente sestese, della Fiom, Unione inquilini, Rete salute e territorio, Ecologisti e Reti Civiche di Sesto S. Giovanni.

Sotto scrutinio il progetto urbanistico fortemente voluto dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che dovrebbe prevedere il trasferimento dell’istituto Neurologico Besta e dell’Istituto nazionale dei Tumori in un nuovo grande polo sanitario, costruito ex-novo.

La candidatura di Sesto S.Giovanni, spiegano gli ambientalisti, è tutta puntata sull’area Falck. Un’estensione enorme, oltre un milione e 400mila metri quadri, dove si intersecano interessi forti, dalle banche a immobiliaristi come Bizzi, all’amministrazione comunale stessa. E dove la Magistratura ha appena depositato gli atti dell’inchiesta giudiziaria su Filippo Penati e il “Sistema Sesto”.

Tutto si incrocia su quest’enorme area Falck, anche la supposta Città della Salute. Un milione di metri quadri su cui si è svolta, per oltre un secolo, una delle più importanti attività siderurgiche d’Europa. E il terreno è ancora saturo di olii e metalli pesanti – spiegano gli ambientalisti – con una prima falda idrica, affiorante anche a 20 metri di profondità, fortemente inquinata.

L’area è quindi da un lato da bonificare (la stima è di oltre 200 milioni, ma è ipotetica e conservativa) ma dall’altro lato è fortemente appetibile per un progetto immobiliare.

Ed ecco che, negli anni, questo progetto di nuovo cemento si è dilatato (sarà la Magistratura ad accertare come e perché). Dai 600mila metri cubi previsti inizialmente a oltre un milione oggi, nell’ultima versione del piano regolatore approvata  lo scorso primo maggio, dal Consiglio comunale uscente (a soli quattro giorni delle elezioni). In pratica un’autentica città da oltre 20mila abitanti, con un bel nucleo centrale di grattacieli, contornati da blocchi di grandi condominii a matrice stretta, e poi centri commerciali e palazzi uffici vari. Risultato: l’area del parco verde, frutto della bonifica, sempre più compressa. E poi la proposta della Città della Salute, avanzata guarda caso durante la campagna elettorale per le amministrative e prevista proprio nel parco, a cui sottrarrà ben un terzo della sua estensione.

Un colpo piuttosto duro per chi si batte quantomeno per un equilibrio tra grande cemento e ambiente. Ma non è tutto. La tabella di marcia del grande progetto immobiliare sull’area Falck ha solo una variabile, ma bella evidente, di incertezza: la bonifica.

Nessuno, su questo punto, si azzarda a fare previsioni o a prendere impegni vincolanti. Non il Comune né gli immobiliaristi. Le esperienze fatte in passato (area Vulcano) e presente sono eloquenti. Tempi iniziali più che raddoppiati, costi lievitati. Un secolo di discariche industriali a cielo aperto, di olii esausti, metalli pesanti e prodotti chimici non si cancellano infatti con una semplice passata di bulldozer. Alternativamente, se venisse approvato il progetto Città della Salute nell’area Falck si correrebbe il rischio di ospitare i malati di tumore nel bel mezzo di un’enorme area inquinata, con rischi seri persino per l’acqua potabile.

Perché allora prevedere ad ogni costo un polo sanitario che si vorrebbe di respiro nazionale e internazionale in un’area tanto critica, con la prospettiva di ritardi su ritardi nei tempi di costruzione, cattiva immagine e rischio di lievitamento nei costi?

Perché tanta solerzia sanitaria da parte di un’amministrazione sestese che ha consentito la chiusura del suo fiore all’occhiello sanitario, il reparto di medicina del lavoro dell’ospedale di Sesto (conosciuto in tutta Italia) e altri servizi essenziali per la città erogati dal piccolo ospedale di Sesto S. Giovanni, progressivamente prosciugato?

La città della Salute (ovvero Besta più Int) al di là del termine pubblicitario, spiegano gli ambientalisti sestesi, sarebbe in realtà una sorta di fiore all’occhiello, di specchietto per l’intero progetto immobiliare. Un modo per attrarvi insediamenti e abitanti, e quindi far ritornare i massicci investimenti previsti dal pi-Falck, lungo i suoi 14 anni di realizzazione.

Peccato però che è molto dubbio che questa strategia, usata con successo da Tronchetti Provera quando riuscì a insediare l’Università nel suo polo Bicocca, si possa replicare a Sesto.

La seconda università Statale di Milano riuscì a rivitalizzare un progetto Tecnocity in forti difficoltà. Ma era, tutto sommato, un’area piccola. E il mercato immobiliare milanese, a metà anni 90, era ancora in pieno boom.

Oggi invece gli scenari sono completamente opposti. Il settore immobiliare è in crisi profonda, i grandi building sono in gran parte vuoti, i massimi nomi del settore lottano contro il fallimento.

E allora a cosa potrà realmente servire una Città della Salute, si chiedono gli ambientalisti, messa in un’area fortemente insalubre, da bonificare radicalmente, e senza poi nemmeno un reale impatto abitativo su costruzioni gigantesche ancora tutte da fare, e soprattutto da vendere?

E’ una domanda che viene da Sesto, tra le altre, da aggiungere all’elenco nell’assemblea che l’Rsu dell’Istituto dei Tumori ha indetto nell’aula magna dell’Istituto per martedì 19 giugno alle ore 18.

Si attendono risposte sensate.

——————-

Costerebbe molto meno, sarebbe più efficace sul piano clinico e della ricerca, e sarebbe anche più veloce. Questa la Città della Salute in versione arancione. Giuseppe Landonio, oncologo ed ex consigliere comunale, nonché consulente per l’assessore Majorino, in un’intervista al “Giorno” ha anticipato oggi i termini della proposta che il Comune di Milano avanzerà al prossimo tavolo fissato per il 30 giugno, con la Regione che preme per una decisione definitiva sul suo progetto di trasferimento da Città Studi sia dell’Istituto neurologico Besta che dell’Istituto Nazionale dei Tumori e il loro accorpamento in un polo, detto Città della Salute, da costruirsi o nell’area Falck di Sesto S.Giovanni oppure alla caserma Perrucchetti di piazza S.Barbara.

Solo un’alterativa tra due siti urbanistici? Il Comune, forte di un’analisi condotta tra medici, ricercatori e operatori dei due istituti, dice di no. Quello che è necessario è un completo ripensamento del progetto, così come concepito dalla Regione. Invece di tanto nuovo mattone e un accorpamento forzato dei due istituti il Comune punta a “piano di rilancio dell’intera sanità di Milano”, anche oltre il Besta e l’Int.

Come? Innanzitutto cancellando ogni iper-costoso spostamento dell’istituto dei Tumori, che secondo la sua rappresentanza sindacale non ne ha alcuna necessità e voglia (e anzi rischia evidenti danni per l’erario, dati i forti investimenti fatti nel recente passato ancora da ammortizzare). L’Int invece dovrebbe essere finanziato, in modo mirato, per ristrutturare l’edificio antistante per spostarvi gli uffici amministrativi, liberando spazio per gli ambulatori, oggi compressi.

Quanto al Besta l’ipotesi migliore è il suo trasferimento dentro l’area di Niguarda, dove al 2014 (tra due anni) si libereranno ben quattro grandi padiglioni, in seguito all’ammodernamento dell’ospedale. In subordine la proposta del Comune considera anche una sua ristrutturazione nella stessa sede attuale di Città Studi. Ma l’ipotesi Niguarda consentirebbe all’istituto di fruire rapidamente di spazi abbondanti, e delle sinergie cliniche e di ricerca con il grande ospedale milanese.

Velocità: il progetto “Formigoni”, tra bonifiche, progetti e costruzioni, ha almeno un orizzonte al 2017 (e oltre). Il progetto “Pisapia” invece consentirebbe al Besta di operare nella nuova sede (e a regime) fin dal 2014. Tre anni prima.

Costi. Qui la differenza tra le due proposte si fa più eclatante. La Regione, per la Città della Salute, ha messo sul piatto un fondo di 330 milioni di euro. Il progetto in versione Formigoni, con la costruzione edilizia ex-novo di un grande polo per i due istituti, costerà, nelle previsioni degli esperti, ben di più. Forse anche il doppio. Quindi le risorse aggiuntive dovranno necessariamente venire dalla vendita sul mercato delle aree e degli stabili esistenti dei due istituti “traslocati”. E questo in un momento di crisi, qual è l’attuale, in cui le operazioni immobiliari sono tutte ferme, o in caduta verticale (si pensi allo stato pre-fallimentare di molte parti del gruppo Ligresti, compresa l’area del Cerba, l’iniziativa sanitaria privatistica di Veronesi). Il coefficiente di rischio dell’operazione Città della Salute “alla Formigoni” è quindi alto e tendente a crescere. Con la prospettiva di una “cattedrale nel deserto” inutile e incompiuta.

Ben diversi i conti di Landonio e Majorino: 80 milioni necessari per i nuovi ambulatori dell’ istituto dei Tumori e solo 120 milioni per il Besta, sia che scelga la ristrutturazione in loco o il passaggio a Niguarda.

Avanzerebbero quindi 130 milioni dei 330 stanziati, destinabili all’ammodernamento di un altro polo di eccellenza milanese: il Policlinico. Fino a fare del piano davvero un investimento di rilancio sulla sanità e la ricerca clinica nella città.

Il tutto nella massima trasparenza, senza operazioni immobiliari (e ormai sappiamo cosa significano)  necessarie o incombenti. E soprattutto un piano a basso tasso di nuovo mattone. Ma alto di strutture cliniche, di ricerca e ospedaliere. Aperte a tutti, poveri e ricchi.

 

 

Posted in home | 3 Comments