Come Formigoni fa la politica sanitaria

 

Vi propongo tre articoli pubblicati su Z3XMI che ritengo significativi:

E così è rimasta solo Sesto in lizza per la Città della Salute. E Formigoni vi ha rapidamente messo la firma, sabato scorso. Complice anche un Comune di Milano stranamente paralizzato, incapace di definire una reale proposta alternativa, di motivarne gli aspetti sanitari e clinici vincenti, e i costi inferiori. Era tutto pronto, numerosi esperti ci avevano lavorato (si veda qui la proposta sviluppata da Giuseppe Landonio, oncologo e consulente dell’assessore Pierfrancesco Majorino) ma Pisapia ha preferito, alla fine, tirarsi indietro dal tavolo con qualche dichiarazione critica. Senza, di fatto, combattere.

Ha pensato che una proposta ragionevole, competente, ma clinico-scientifica e non immobiliare, come quella di Landonio fosse troppo debole di fronte all’impostazione tutta puntata sulle “aree” e il “cemento” formulata fin dall’inizio da Formigoni?

Doveva battersi comunque.

«il Comune ha sbagliato impostazione. – commenta Carmela Rozza, capogruppo del Pd al Comune – Avrebbero dovuto assumersi l’onere di indicare una strada e un progetto, esprimendo con forza un parere sulla funzionalità dell’operazione e sulle aspettative che devono essere garantite pensando agli interessi dei malati».

E invece niente. L’idea forte di Sesto è passata. Usare la Città della salute, ovvero l’accorpamento in sede nuova dell’Istituto dei Tumori e del neurologico Besta come detonatore del gigantesco progetto immobiliare (firmato Renzo Piano) sulla grande area ex-siderurgica. Regalare alla Regione 100mila metri quadri bonificati (e sottratti all’unico parco previsto) per i due insediamenti sanitari. Costruire, mettere a regime i due ospedali, attrarre le famiglie dei pazienti e possibile indotto. E da lì partire per avviare la bonifica dell’area e le costruzioni (grandi condomini e grattacieli).

Importa a qualcuno se, al 2015, Besta  e Tumori si troveranno in un’enclave magari bonificata ma nel mezzo di 1,3 milioni di metri quadri ancora pesantemente inquinati, con falde idriche piene di metalli pesanti?

Importa a qualcuno se i famosi 340 milioni per il progetto, in apparenza elargiti dalla Regione, diverranno debiti (e pesanti) per i due istituti?

Il fondo rotativo sanitario della Regione  prevede infatti un anticipo dei fondi, ma poi gli enti dovranno rimborsare a vent’anni gli ammontari. Questo significa che Int e Besta dovranno mettere a bilancio almeno una decina di milioni ciascuno di rimborso annuo sul fondo. E questo, in tempi di vacche magre come queste, significa meno ricerca, meno attrezzature, meno risorse.

Per cosa? Per tanto bellissimo cemento nuovo in un mare di inquinamento? Senza reali controlli?

Stiamo ai precedenti. La Regione nel 2006 lanciava l’idea della città della salute. Prescelta l’area di Via Alba, per mettere gli istituti a contatto con l’Ospedale Sacco. Perfetto, ineccepibile. Di qui l’avvio di un consorzio che si produceva in un progetto da ben 6 milioni di Euro. Ma, in mezzo a tanto lavoro di architetti e cervelli, il responsabile del consorzio non si peritava di mandare nemmeno un geometra a supervisionare l’area. Salvo a scoprire, a consorzio costituito, con tanto di sede e dipendenti e a progetto fatto, che là, oddio, vi scorre un allegro fiume, uso a vivacemente esondare ad ogni pioggia autunnale.

Risultato: una perdita secca di 6 milioni nostri e la chiusura del consorzio. Tutto da rifare. Abolita l’idea di un polo con l’ospedale generalista (essenziale ai due istituti). Si punta invece al loro accorpamento secco in un polo edilizio, sulla base di inesistenti ma strombazzate sinergie reciproche. E poi, quasi subito dopo, la proposta sestese. Che i maligni potrebbero dire si annuncia analoga, dati i rischi di inquinamento ambientale (fisico e giudiziario in corso) abbastanza evidenti.

E la prevedibile carenza di fondi in corso d’opera, stante le restrizioni attuali (già Torino ha dovuto cancellare, per taglio da Roma,  la sua città della Salute… )

Prudenza avrebbe voluto che si optasse per soluzioni più rapide, a minor costo, e più sicure. Come quelle indicate da Landonio. Ma Formigoni oppone la fretta di non perdere il contributo da Roma di 40 milioni al progetto (che forse si perderà comunque, data la Spending review in accelerazione).

Ma perché tanta fretta, quando i “privati” (non è ancora dato sapere chi) ce ne metteranno 50 in project financing?

Forse sta nella necessità di contrappore un grande progetto di immagine ai suoi problemi con la Magistratura?

Di sicuro, sul piano strettamente sanitario, tra Int e Besta la necessità impellente di reinsediarsi assieme sono molto scarse. Solo il 7% delle loro ricerche tocca temi comuni. E allora?

Non sarebbe meglio per il Besta traslocare negli spazi liberi dell’area di Niguarda, dove vi sono altre e forti competenze neurologiche? Costo (secondo Landonio): 120 milioni.

E per l’Int, riallocarsi in Città studi, rifacendo padiglioni obsoleti? Costo: 80 milioni. E partecipando al ridisegno dell’area, come sostiene il Consiglio di zona 3.

Risultato: una collocazione ottimale dei due istituti, sicura e a prova di crisi. E un risparmio di 140 milioni pubblici, da investire magari in altre istituzioni sanitarie (come il Policlinico).

Formigoni ha sprezzantemente bocciato queste proposte (peraltro nemmeno presentate al tavolo di sabato). A Niguarda non c’è spazio, ha detto (non è vero, metà dell’ospedale con la ristrutturazione è vuoto). Città Studi è mal servita dai mezzi pubblici (con tram, autobus, stazione ferroviaria e aereoporto di Linate, vedete voi).

Scuse. Per far passare il grande investimento immobiliare, che sta a cuore all’amministrazione di Sesto fin dai tempi di Filippo Penati sindaco. E oggi sta a cuore a Davide Bizzi, il patron di Sesto immobiliare vicino a Maurizio Lupi e a Comunione e Liberazione.

Nomi emblematici. Comunione e Liberazione, il pilastro di Formigoni, e Sistema Sesto. Siamo alle solite, verrebbe da dire.

Peccato infine che i vertici dei due istituti non abbiano mai messo in discussione, nemmeno loro, le criticità e i costi del progetto Sesto. Ma anche qui. Chi li ha nominati? A chi rispondono? Facile immaginarlo.

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C’è anche chi, a Sesto S.Giovanni, è contrario all’insediamento della Città della Salute nell’area Falk. Ne abbiamo discusso, come redazione di Z3xMI, con esponenti di Legambiente sestese, della Fiom, Unione inquilini, Rete salute e territorio, Ecologisti e Reti Civiche di Sesto S. Giovanni.

Sotto scrutinio il progetto urbanistico fortemente voluto dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che dovrebbe prevedere il trasferimento dell’istituto Neurologico Besta e dell’Istituto nazionale dei Tumori in un nuovo grande polo sanitario, costruito ex-novo.

La candidatura di Sesto S.Giovanni, spiegano gli ambientalisti, è tutta puntata sull’area Falck. Un’estensione enorme, oltre un milione e 400mila metri quadri, dove si intersecano interessi forti, dalle banche a immobiliaristi come Bizzi, all’amministrazione comunale stessa. E dove la Magistratura ha appena depositato gli atti dell’inchiesta giudiziaria su Filippo Penati e il “Sistema Sesto”.

Tutto si incrocia su quest’enorme area Falck, anche la supposta Città della Salute. Un milione di metri quadri su cui si è svolta, per oltre un secolo, una delle più importanti attività siderurgiche d’Europa. E il terreno è ancora saturo di olii e metalli pesanti – spiegano gli ambientalisti – con una prima falda idrica, affiorante anche a 20 metri di profondità, fortemente inquinata.

L’area è quindi da un lato da bonificare (la stima è di oltre 200 milioni, ma è ipotetica e conservativa) ma dall’altro lato è fortemente appetibile per un progetto immobiliare.

Ed ecco che, negli anni, questo progetto di nuovo cemento si è dilatato (sarà la Magistratura ad accertare come e perché). Dai 600mila metri cubi previsti inizialmente a oltre un milione oggi, nell’ultima versione del piano regolatore approvata  lo scorso primo maggio, dal Consiglio comunale uscente (a soli quattro giorni delle elezioni). In pratica un’autentica città da oltre 20mila abitanti, con un bel nucleo centrale di grattacieli, contornati da blocchi di grandi condominii a matrice stretta, e poi centri commerciali e palazzi uffici vari. Risultato: l’area del parco verde, frutto della bonifica, sempre più compressa. E poi la proposta della Città della Salute, avanzata guarda caso durante la campagna elettorale per le amministrative e prevista proprio nel parco, a cui sottrarrà ben un terzo della sua estensione.

Un colpo piuttosto duro per chi si batte quantomeno per un equilibrio tra grande cemento e ambiente. Ma non è tutto. La tabella di marcia del grande progetto immobiliare sull’area Falck ha solo una variabile, ma bella evidente, di incertezza: la bonifica.

Nessuno, su questo punto, si azzarda a fare previsioni o a prendere impegni vincolanti. Non il Comune né gli immobiliaristi. Le esperienze fatte in passato (area Vulcano) e presente sono eloquenti. Tempi iniziali più che raddoppiati, costi lievitati. Un secolo di discariche industriali a cielo aperto, di olii esausti, metalli pesanti e prodotti chimici non si cancellano infatti con una semplice passata di bulldozer. Alternativamente, se venisse approvato il progetto Città della Salute nell’area Falck si correrebbe il rischio di ospitare i malati di tumore nel bel mezzo di un’enorme area inquinata, con rischi seri persino per l’acqua potabile.

Perché allora prevedere ad ogni costo un polo sanitario che si vorrebbe di respiro nazionale e internazionale in un’area tanto critica, con la prospettiva di ritardi su ritardi nei tempi di costruzione, cattiva immagine e rischio di lievitamento nei costi?

Perché tanta solerzia sanitaria da parte di un’amministrazione sestese che ha consentito la chiusura del suo fiore all’occhiello sanitario, il reparto di medicina del lavoro dell’ospedale di Sesto (conosciuto in tutta Italia) e altri servizi essenziali per la città erogati dal piccolo ospedale di Sesto S. Giovanni, progressivamente prosciugato?

La città della Salute (ovvero Besta più Int) al di là del termine pubblicitario, spiegano gli ambientalisti sestesi, sarebbe in realtà una sorta di fiore all’occhiello, di specchietto per l’intero progetto immobiliare. Un modo per attrarvi insediamenti e abitanti, e quindi far ritornare i massicci investimenti previsti dal pi-Falck, lungo i suoi 14 anni di realizzazione.

Peccato però che è molto dubbio che questa strategia, usata con successo da Tronchetti Provera quando riuscì a insediare l’Università nel suo polo Bicocca, si possa replicare a Sesto.

La seconda università Statale di Milano riuscì a rivitalizzare un progetto Tecnocity in forti difficoltà. Ma era, tutto sommato, un’area piccola. E il mercato immobiliare milanese, a metà anni 90, era ancora in pieno boom.

Oggi invece gli scenari sono completamente opposti. Il settore immobiliare è in crisi profonda, i grandi building sono in gran parte vuoti, i massimi nomi del settore lottano contro il fallimento.

E allora a cosa potrà realmente servire una Città della Salute, si chiedono gli ambientalisti, messa in un’area fortemente insalubre, da bonificare radicalmente, e senza poi nemmeno un reale impatto abitativo su costruzioni gigantesche ancora tutte da fare, e soprattutto da vendere?

E’ una domanda che viene da Sesto, tra le altre, da aggiungere all’elenco nell’assemblea che l’Rsu dell’Istituto dei Tumori ha indetto nell’aula magna dell’Istituto per martedì 19 giugno alle ore 18.

Si attendono risposte sensate.

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Costerebbe molto meno, sarebbe più efficace sul piano clinico e della ricerca, e sarebbe anche più veloce. Questa la Città della Salute in versione arancione. Giuseppe Landonio, oncologo ed ex consigliere comunale, nonché consulente per l’assessore Majorino, in un’intervista al “Giorno” ha anticipato oggi i termini della proposta che il Comune di Milano avanzerà al prossimo tavolo fissato per il 30 giugno, con la Regione che preme per una decisione definitiva sul suo progetto di trasferimento da Città Studi sia dell’Istituto neurologico Besta che dell’Istituto Nazionale dei Tumori e il loro accorpamento in un polo, detto Città della Salute, da costruirsi o nell’area Falck di Sesto S.Giovanni oppure alla caserma Perrucchetti di piazza S.Barbara.

Solo un’alterativa tra due siti urbanistici? Il Comune, forte di un’analisi condotta tra medici, ricercatori e operatori dei due istituti, dice di no. Quello che è necessario è un completo ripensamento del progetto, così come concepito dalla Regione. Invece di tanto nuovo mattone e un accorpamento forzato dei due istituti il Comune punta a “piano di rilancio dell’intera sanità di Milano”, anche oltre il Besta e l’Int.

Come? Innanzitutto cancellando ogni iper-costoso spostamento dell’istituto dei Tumori, che secondo la sua rappresentanza sindacale non ne ha alcuna necessità e voglia (e anzi rischia evidenti danni per l’erario, dati i forti investimenti fatti nel recente passato ancora da ammortizzare). L’Int invece dovrebbe essere finanziato, in modo mirato, per ristrutturare l’edificio antistante per spostarvi gli uffici amministrativi, liberando spazio per gli ambulatori, oggi compressi.

Quanto al Besta l’ipotesi migliore è il suo trasferimento dentro l’area di Niguarda, dove al 2014 (tra due anni) si libereranno ben quattro grandi padiglioni, in seguito all’ammodernamento dell’ospedale. In subordine la proposta del Comune considera anche una sua ristrutturazione nella stessa sede attuale di Città Studi. Ma l’ipotesi Niguarda consentirebbe all’istituto di fruire rapidamente di spazi abbondanti, e delle sinergie cliniche e di ricerca con il grande ospedale milanese.

Velocità: il progetto “Formigoni”, tra bonifiche, progetti e costruzioni, ha almeno un orizzonte al 2017 (e oltre). Il progetto “Pisapia” invece consentirebbe al Besta di operare nella nuova sede (e a regime) fin dal 2014. Tre anni prima.

Costi. Qui la differenza tra le due proposte si fa più eclatante. La Regione, per la Città della Salute, ha messo sul piatto un fondo di 330 milioni di euro. Il progetto in versione Formigoni, con la costruzione edilizia ex-novo di un grande polo per i due istituti, costerà, nelle previsioni degli esperti, ben di più. Forse anche il doppio. Quindi le risorse aggiuntive dovranno necessariamente venire dalla vendita sul mercato delle aree e degli stabili esistenti dei due istituti “traslocati”. E questo in un momento di crisi, qual è l’attuale, in cui le operazioni immobiliari sono tutte ferme, o in caduta verticale (si pensi allo stato pre-fallimentare di molte parti del gruppo Ligresti, compresa l’area del Cerba, l’iniziativa sanitaria privatistica di Veronesi). Il coefficiente di rischio dell’operazione Città della Salute “alla Formigoni” è quindi alto e tendente a crescere. Con la prospettiva di una “cattedrale nel deserto” inutile e incompiuta.

Ben diversi i conti di Landonio e Majorino: 80 milioni necessari per i nuovi ambulatori dell’ istituto dei Tumori e solo 120 milioni per il Besta, sia che scelga la ristrutturazione in loco o il passaggio a Niguarda.

Avanzerebbero quindi 130 milioni dei 330 stanziati, destinabili all’ammodernamento di un altro polo di eccellenza milanese: il Policlinico. Fino a fare del piano davvero un investimento di rilancio sulla sanità e la ricerca clinica nella città.

Il tutto nella massima trasparenza, senza operazioni immobiliari (e ormai sappiamo cosa significano)  necessarie o incombenti. E soprattutto un piano a basso tasso di nuovo mattone. Ma alto di strutture cliniche, di ricerca e ospedaliere. Aperte a tutti, poveri e ricchi.

 

 

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3 Responses to Come Formigoni fa la politica sanitaria

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