Piaccia o meno, a Napolitano, a Monti e agli altri abitanti del Palazzo, i mercati ci vedono strutturalmente accoppiati alle vicende di Madrid.
Pur avendo famiglie in buona parte patrimonializzate, banche non al collasso da debiti, e una base industriale ancora esistente (non si sa per quanto però) ci considerano come la Spagna. Gli speculatori però usano le debolezze e le fragilità comuni, e non indulgono in sottili differenziazioni e analisi raffinate. Se una vendita allo scoperto sui titoli italiani ha senso e spazio, magari per un evento negativo riguardante banche spagnole, procedono su tutto il terreno.
Il problema chiave oggi è come disaccoppiarci da Madrid, con il suo insostenibile debito aggregato al doppio del Pil.
Monti in gennaio, con il suo indubbio salto di qualità politico, per qualche tempo sembrava esserci riuscito.
Oggi è il momento di un secondo salto di qualità politico, ancora più ambizioso (e per alcuni aspetti di segno opposto, non recessivo). Ma richiede, di necessità, un profondo cambiamento di classe dirigente.
Altrimente resteremo legati alla macina da mulino che a Madrid affonda.