Il bilancio partecipativo del Comune di Milano, indetto in primavera, si è concluso pochi giorni fa. Con un sonoro e indiscutibile flop. Che non fa onore a un giunta Pisapia che della partecipazione aveva fatto la sua bandiera. E non fa onore nemmeno a Milano, città dalle profonde tradizioni partecipative.
Guardiamo le cifre. E alcuni preliminari confronti.
A Milano, alla chiusura delle urne online (su piattaforma Eligo) risultano 23835 voti contro un totale di voti di 30172.
La differenza è di 6.337 voti “fisici” (il 21%) che viene dallo spoglio delle schede delle votazioni nelle scuole, dove hanno votato alunni sotto i 14 anni con controfirma di almeno un genitore.
I cittadini adulti hanno tutti votato online, mentre i voti fisici sono tutti a titolo di alunni minori.
Condiderando solo i voti online otteniamo una media di voti per zona di 2648.
Considerando il totale dei voti la media sale a 3352.
Che significa? Che la metropoli milanese, con il suo milione 343mila817 abitanti, e 149 mila abitanti medi per ciascuna delle sue nove zone ha visto una percentuale di votanti al processo partecipativo del 2,2%, che scende all’1,77% se si considerano solo i votanti adulti online.
Tanti? Pochi?
Vediamo un confronto con una città vicina, Monza. Che ha appena concluso la sua prima edizione (come Milano) di un bilancio partecipativo (ma basato su progetti sviluppati, selezionati e votati dai cittadini).
Monza è una città da 120mila abitanti (assimilabile a una zona di Milano per dimensione). Ha avuto 3619 votanti adulti (Tutti e solo oltre i 16 anni), di cui 1450 online.
Quindi una percentuale del 3% di votanti adulti sugli abitanti, quasi doppia di quella media milanese.
E’ la prima volta, ha argomentato quasi a scusarsi di questi numeri, la vicesindaco Francesca Balzani (una delle promotrici del bilancio partecipativo milanese). Ma anche per Monza era la prima volta, con risultati nettamente più alti.
Un’altra conferma? Viene da Torino, dove lo schema adottato (da parte di Avventura Urbana) è stato identico. E dove si è concluso, pochi mesi fa, un bilancio partecipativo (sempre blindato dentro ristrette commissioni elaborative dei progetti) che però ha funzionato un po’ meglio di quello milanese.
Infatti: nella circoscrizione di Torino, su 90mila residenti, i voti sono stati 1810, di cui 1712 online . Quindi voti totali sulla popolazione: 2.01 %. E voti online su popolazione 1.90%
Due bilanci partecipativi simili, Milano e Torino, a confronto. Ma ancora ne esce meglio Torino, perchè forse comunque offriva un pochino di spazio in più alla creatività sociale.
Il comunicato stampa del Comune di Milano, per giustificare numeri tanto deludenti, cita l’esempio di Parigi, che ha avuto percentuali più basse. Ma a spropostito.
Perchè quello di Parigi non è stato un bilancio partecipativo, ma un voto (anche se multiplo) su progetti del Comune già definiti. 51mila parigini sono andati a votare per mettere un paio di crocette, su un totale di 8,4 milioni di abitanti. Lo 0,6>% per qualcosa che non è assimilabile a quanto si è fatto e si fa da Monza a Puerto Alegre.
Quali infatti i motivi di questo flop milanese? Alcuni hanno addotto un deficit di comunicazione da parte del Comune e dei gestori del processo. Forse è anche in parte così. Personalmente però ritengo che il vero motivo del flop sia stato nell’impianto stesso del processo. Superficiale, chiuso, elitario, alla fin fine non attrattivo e triste.
Certo, mettere in lizza un milione per zona sembra tanto, un record persino internazionale. Ma questo milione viene strettamente vincolato a opere pubbliche: muri, marcipaiedi, aiole, tetti. E già qui si parte maluccio, su temi su cui si “scaldano”, in ogni zona poche migliaia di cervelli.
Poi si nega che questi progetti siano sviluppati da gruppi di cittadini. Le assemblee servono solo a registrare esigenze, si decide (autocraticamente) che solo una trentina di cittadini per zona (scelti più o meno a sorteggio) possano definire i progetti. Non c’è disputa, scelta aperta, contaminazione, propagazione di idee, idee che contagiano altre idee e energie. Tutto nel chiuso di un paio di riunioni degli eletti-sorteggiati e poi il voto, calato dall’alto.
C’è da stupirsi quindi che Milano abbia registrato il minimo storico, dell’1,7% di partecipanti, Per un siffatto sedicente bilancio partecipativo?
Per favore, se vi sarà una prossima volta, cari amministratori di Palazzo Marino, cambiate radicalmente registro, please.