Nessuno ci salverà

I fatti delle ultime settimane nella pianura padana sono evidenti. E’ bastata, per un evento climatico, che una calma piatta di vento e siccità su posasse per giorni sulla “camera a gas” italiana per renderla irrespirabile, nel solito inverno fatto di riscaldamenti e trasporti a combustibili fossili.

Che Milano, al centro di questa grande area chiusa, fosse a rischio lo sappiamo da decenni. Che si sia fatto qualcosa di significativo, lo sappiamo anche: in pratica nulla.

Lo Stato italiano è fallito dal 1992, grazie a un enorme debito pubblico creato fin dal 1981 per ragioni “disciplinari”. Oggi sono 2400 miliardi, pari al 132% del Pil, ce lo siamo ripagati (con le nostre tasse) una volta e mezza e continua ancora a crescere.

Dal 1992 quel debito paralizza lo stato italiano, non è stato mai significativamente ridotto, ha indirettamente generato evasione fiscale e corruzione. Quel debito oggi significa l’assoluta obbedienza alla disciplina europea, l’imposizione a non sforare di mezzo punto di Pil sul pareggio di bilancio.

In queste condizioni come possiamo pensare a grandi investimenti sul trasporto ferroviario elettrico e sull’efficienza energetica degli edifici in Padania? Come possiamo pensare a un piano che ci salvi dalla grande camera a gas?

No. E’ fuori discussione. Lo stato italiano non ci salverà. Ma possiamo salvarci noi. L’Italia infatti è più patrimonializzata della Germania. Le famiglie italiane, nel corso dei decenni, hanno accumulato risorse e risparmi per 8mila miliardi e, escludendo quelle immobiliari, per 4mila miliardi, pari al doppio del debito pubblico.

Un tempo lo chiamavano “popolo dei bot”, ora si è evoluto a popolo dei patrimoni.

Sono le famiglie del ceto medio e medio alto. Sono patrimoni per mettere al sicuro la vita di figli e nipoti. Ma quale vita se poi saranno condannati a un tumore ai polmoni o a una malattia cardiaca dentro un’esistenza nella camera a gas?

Si partecipa alla cosa pubblica, per quei pochi che ancora lo fanno, cercando di proporre idee, informazioni puntuali, discutendo alternative. Ma questa partecipazione è stata regolarmente disattesa dai nostri politici “paralizzati”. Parole, ma poi ai fatti ecco i vincoli di bilancio, ecco i tagli imposti da Roma, ecco lo stato fallito. Berlusconi, Renzi, persino i cinque stelle non fanno eccezione. Questo modello di interazione tra cittadini, rappresentanti e istituzioni politiche semplicemente non funziona più.

Loro non hanno il coraggio di dichiararsi falliti (ci ripetono però il loro mantra “non ci sono i soldi”), noi ci illudiamo su di loro.

Un altro rapporto, completamente diverso, è possibile. Discutiamo e sviluppiamo idee, progetti, soluzione e poi…ci investiamo, con i nostri soldi. Con le istituzioni che ci aiutano. Ma se investiamo abbiamo il diritto (e il dovere) di controllare, di avere voce in capitolo, alla lunga anche di rientrare sull’investimento fatto.

Se diecimila famiglie milanesi investiranno sul completamento della circle line, e altre centomila sul secondo passante ferroviario questo potrà portare, con un coraggioso decreto che vieti l’ingresso alla metropoli se non su mezzi elettrici o  ibridi, a un primo colpo di areatore nella camera a gas. E ambedue le iniziative, public companies ad azionariato diffuso, possono ben divenire profittevoli, persino inseribili in fondi di investimento italiani. Nel fare le cose giuste, con lungimiranza, non è poi detto che ci si debba perdere.

Moltiplicate per cento, in tutta la Padania, questo modello virale dal basso. Attaccate anche l’efficienza energetica delle case, con soluzioni ai condomini che facciano guadagnare loro sul risparmio in bolletta, l’investitore che finanzia i progetti, le aziende edili qualificate nei cappotti e nelle coibentazioni.

Possiamo salvarci dalla grande camera a gas. Abbiamo bisogno di rappresentanti che ci aiutino e insieme e soprattutto, di un sistema reticolare di iniziative partecipate. Non tanto diverso da quelle che, due secoli fa, con cooperative, società operaie e contadine di mutuo aiuto, casse di risparmio, banche popolari, ci salvarono dalla fame.

Anche allora lo sapevamo. Nessuno ci salverà. Solo noi.

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