Il decreto che verrà emanato domani è piuttosto vasto. Il Sole, come è suo solito, lo anticipa per quanto possibile integralmente.
Servizi, energia, semplificazione all’avvio d’imprese, più concorrenza anche nei servizi pubblici locali, difesa dei consumatori (assicurazioni e banche). Dietro ciascuno dei capitoli del decreto ci sono norme e regole che aspettavano da anni, se non decenni. Spesso disattese da precise indicazioni dell’Unione Europea.
Come sempre però l’impressione positiva generale non deve fuorviare da criticità su singoli punti. Ma immettere concorrenza in un sistema ingessato, in una fase di crisi che minaccia di avvitarsi su se stessa, è di sicuro cosa giusta.
Mancano però alcuni punti su cui andrebbe fatta una riflessione più approfondita. Le telecomunicazioni, per esempio, che appaiono fuori dal decreto perchè ritenute già completamente liberalizzate. Ed è in gran parte vero.
Liberalizzate ma non terreno di crescita. Non si prevede uno spazio di innovazione, in questa manovra. Come potrebbe essere uno spazio pubblico, anche piccolo, nelle frequenze appena liberate dal digitale terrestre per la sperimentazione diffusa delle cosiddette “software defined radio”, una tecnologia di comunicazione digitale esistente da anni, ma finora bloccata, ovunque nel mondo, dall’assetto “ufficiale” delle frequenze.
Quanto costerebbe rendere pubblicamente aperto uno spazio dell’etere per questa innovazione e quanto potrebbe generare? Io non lo so, ma nell’inerzia attuale mi parebbe sensato provarci. In un paese dove è stata inventata, di fatto, la carta telefonica prepagata, che ha innescato l’autentico mercato di massa dei cellulari.
Vogliamo fare qualcosa di realmente avanzato, per una volta?