Lettera aperta inviata a Alexis Tsipras, nel momento in cui comincia la sua trattativa sul debito pubblico greco verso l’Unione Europea, la Bce e la Germania.
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E’ chiaro l’asse su cui si appoggia il programma di sinistra greco-spagnolo.
Mantenimento di una presenza nell’area euro, evitando incontrollabili e pericolosi avventurismi di secessione monetaria, però a fronte di una solidale rinegoziazione del debito tra Nord e Sud Europa.
Sposata la tesi della “rinegoziazione del debito” è necessario individuare una “idea forza” che sia:
a) Un capovolgimento netto della subordinazione dell’economia reale alle pratiche speculative finanziarie.
b) Facilmente comprensibile a livello di massa, in modo da diventare un chiaro obiettivo elettorale.
c) Fattibile tecnicamente già ora, senza che si debba ottenere improbabili modifiche dei trattati europei. Apparentemente moderata, ma in realtà poco resistibile, in quanto logicamente attuabile.
All’interno del più generale obiettivo della riduzione del debito pubblico questa “idea forza” può essere rappresentata dall’assunzione in capo alla BCE del 60% del debito pubblico di tutti i paesi UE.
Punto c. Quando si lancia l’obiettivo di rinegoziare il debito pubblico a livello d’opinione pubblica ci si immagina un qualcosa di complicatissimo e altamente improbabile. Anche perché non si dà ai media un obiettivo per semplificare il concetto. L’assunzione del 60% dei debiti nazionali in capo alla BCE è di chiara e facile comprensione. E’ un obiettivo esageratamente radicale? NO. E’ moderato in quanto rispetta i parametri attuali e non “danneggia” alcun paese. E’ tecnicamente fattibile? SI. La BCE può già fare queste operazioni, è sufficiente che la UE autorizzi un’azione su vasta scala. Che sarà comunque più accettabile del rischio della rottura della comunità europea.
Punto b. In considerazione del fatto che tutti i maggiori paesi UE (85,4% è la media UE a 27 ) , hanno un indebitamento superiore al 60%, un tale obiettivo non dovrebbe trovare ostacoli sociali nel Nord Europa. Infatti non si tratta di un trasferimento di risorse dal Nord al Sud Europa, in quanto tutti i paesi ne sarebbero beneficiati. Non c’è bisogno di trasformare alcun parametro di equilibrio europeo in quanto assumerebbe l’indebitamento consentito da Maastricht, ma ponendolo in capo a un unico ente unitario. Tecnicamente l’operazione è fattibile già ora, in quanto la BCE può emettere titoli di credito europei in sostituzione di quelli nazionali. La CE potrebbe emettere la famosa Tobin Tax, sulle transazioni finanziarie speculative, finalizzata al pagamento di tassi bassi, allineati a quelli USA. Ma questo è tema aggiuntivo.
Punto a. Essendo l’Italia uno dei paesi con il più alto avanzo primario, che poi viene mangiato dagli interessi passivi sul debito, è del tutto conseguente che l’eliminazione del 60% del debito porterà lo Stato ad avere un avanzo primario sufficiente per rientrare nella parte residua del debito stesso.
Dal momento che, dati del 2013, lo Stato Italiano paga 90 miliardi di interessi, si ha la concreta dimensione dell’effetto della riduzione attorno ai 40 miliardi. Una cifra enorme che attualmente prosciuga l’economia italiana e che verrebbe sottratta alla speculazione nazionale e internazionale.
Si consideri, inoltre, che una tale operazione sulla prima quota del 60% avrà un effetto benefico rispetto ai tassi passivi della parte residuale.
Per concludere un’operazione di tale consistenza crea i presupposti per rinegoziare una diversa politica di rientro sulla parte residua, liberando risorse per una politica espansiva anche degli stati più indebitati.
Aggiungiamo che gli stati meno indebitati o con un indebitamento inferiore al 60% (i paesi dell’Est, più Svezia e Danimarca) saranno spinti ad investimenti strutturali, tali da incentivare la ripresa dell’intera economia europea.
Come sappiamo il vero ostacolo alla rinegoziazione del debito è la situazione interna della Germania, sociale ed elettorale. La Germania ha un indebitamento in ascesa del 81,9% sul PIL.
Una riduzione anche per la Germania del suo indebitamento del 60% sarebbe una proposta difficilmente contestabile, assumibile in una filosofia tipo: “se lo fanno tutti, perché no”.
Si sta proponendo un obiettivo non velleitario, credibile, fattibile, ma, al tempo stesso, capace di capovolgere l’intero percorso liberista dell’economia europea e pertanto italiana.
Il trasferimento di 40 miliardi all’anno, dalla politica speculativa a quella reale e sociale, può solo far immaginare enormi risvolti.
Quale economista liberista potrà sminuire tale effetto ?
Un tale obiettivo, comprensibile, del quale, man mano, si intravvede la sua credibile attuabilità, non può non diventare un potente raccoglitore di consensi.
Milano, 30.12.2014
Renato Sacristani (Presidente della zona 3 di Milano)
Beppe Caravita
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