La strage di Parigi, di Charlie Hebdo, è stato senza dubbio un evento spaventoso. Per il fatto in sè, su cui non mi dilungo, ma anche per il senso di paura, di angoscia che ha irradiato di colpo in tutta Europa.
Non è solo questione di terrorismo. Il 7 gennaio, e le vicende parallele dei giorni successivi, si collocano in una Francia (come noi) in crisi economica, in deflazione, in cui la componente più debole è data dalla grande comunità interna di mussulmani, oltre 6 milioni, circa il 10% della popolazione totale.
La maggiore comunità di origine non-europea in Europa. Caratterizzata da una forte pratica relisgiosa, da un gran numero di giovani di seconda e terza generazione, insediati nelle periferie e banlieues, e da profili professionali bassi. I più sensibili alla crisi, ai licenziamenti, alla chiusura delle aziende, alla disoccupazione.
La Francia è seduta su un vulcano? Non amo queste forzature, oggi ampiamente correnti. Però c’è un fondo di verità. La crisi, prolungandosi nel tempo, crea disperazione nelle banlieues, spinge i giovani di origine maghrebina nelle braccia dei predicatori fondamentalisti…..
Lo abbiamo visto con i due fratelli Kouachi e con Coulibaly. Biografie eloquenti.
La Francia, ancora immersa in un’Europa in deflazione, corre quindi il massimo rischio tra i paesi europei. Di una brutta, brutta crisi di ordine pubblico. Amplificata, molto amplificata dalla possibile emergenza del Front National, che predica la linea dura proprio contro la minoranza mussulmana. E allo stesso tempo, vuole staccare la Francia dall’Europa e dall’Euro.
Il Front National, se tra due anni dovesse prendere l’Eliseo, sarebbe un’autobotte di benzina sul fuoco. Non solo per la Francia ma anche per l’Europa.
Lo scenario politico, prima del 7 gennaio, era al proposito davvero preoccupante. Hollande e i socialisti al 16% nei sondaggi (in calo), Martine Le Pen al 28% (in crescita).
Il rischio politico Francia è aumentato mese dopo mese, e da più di due anni.
Dopo il 7 gennaio però molto sembra cambiato (ripeto sembra). Lo shock, per i francesi, è stato enorme.
La minaccia terrorista da latente ora appare permanente. In un paese a massimo tasso di immigrazione e in crisi economica.
La percezione istintiva di massa è ora quella di dover difendere non solo la libertà di espressione, ma anche la Repubblica e le proprie vite.
Il Front National, dal 7 gennaio, ha perso il monopolio della sicurezza pubblica.
Il governo Vals-Hollande non sembra più percepito come un esecutivo di deboli, incapaci di affrontare la crisi. Ma ora come il punto di riferimento, la leadership di fronte a una minaccia di guerra. E i sondaggi hanno già testimoniato questa risalita nei consensi. Per i francesi una sorta di riflesso automatico profondo. Fare quadrato intorno alla bandiera. Si pensi alla liberazione contro i nazisti e poi alla crisi algerina degli anni 50 e all’insediamento di Charles De Gaulle.
Questo shock si sta quindi incanalando verso l’unità dei democratici, la difesa dello Stato e del Governo. Grazie anche a una tempestiva regia. Domani alla marcia indetta dai socialisti e centristi ci sarà forse un milione di francesi. Ma non ci sarà il Front National. Portatore di un’idea di Francia ben diversa. Da Repubblica di Vichy. Fatta di solo stato autoritario, senza quella componente di tolleranza e libertà incarnata proprio da Charlie Hebdo, il suo più irriducibile avversario.
La sua esclusione è significativa. E’ il vero obbiettivo di domani. Emarginare i Le Pen dalla crisi repubblicana. Invertire il trend.
La prima conseguenza del 7 gennaio sarà quindi il ridimensionamento del rischio e dell’ascesa del Front National? Io me lo auguro vivamente, date le possibili, e pericolosissime conseguenze di una sua eventuale vittoria politica nel cuore dell’Europa.
La seconda conseguenza (potenziale per ora) riguarda la Germania. E la sua leadership europea conservatrice e neoliberista. A Berlino, Bruxelles, Francoforte.
Verte sulla seguente semplice domanda. Quanto ancora l’Europa potrà permettersi, nella fase apertasi il 7 gennaio, una deflazione prolungata?
Il rigore di bilancio, portato all’eccesso, rischia di far esplodere assetti sociali ormai con evidenza logorati. Di spingere il “proletariato non europeo” alla disperazione, al fondamentalismo. Di rafforzare a dismisura un’estrema destra xenofoba e antieuropea sempre più attrattiiva, e quindi pericolosa. Rischi che sollo una reflazione decisa può ridurre.
Hollande e Vals hanno quindi ora un potere negoziale su Berlino, Bruxelles e Francoforte indubbiamente superiore rispetto solo a poche settimane fa. Se ne serviranno? Credo di si. E l’avvio concreto del quantitative easing da parte della Bce farà parte di questo mutamento di scenario.
Se ambedue queste possibili conseguenze del 7 gennaio si tradurranno in svolte politiche positive (ovvero saranno gestite da leader responsabili) avremo in qualche modo una consolazione, un fiore da mettere sulle tombe dei morti innocenti. E per noi un barlume di speranza.
Post dedicato agli innocenti assassinati.