La grande presa in giro firmata Bersani

Sono arrivato alla conclusione, concatenando semplici fatti, che Pierluigi Bersani ci abbia preso per i fondelli. A parole acerrimo oppositore di Berlusconi, nei fatti artefice, passo dopo passo, dell’attuale esito delle ” larghe intese”, alias esecutivo con l’integerrimo di Arcore.

Un esito deciso, fuori dalle sedi democratiche forse persino un anno fa.

Ma vediamo i fatti

Bersani, segretario del partito, è colui che indice le primarie Pd, nell’autunno scorso, e si oppone con ogni mezzo, incluse regole da Pcus (primarie chiuse), a un’autentica concorrenza con Matteo Renzi.

Renzi è infatti un politico giovane di primissimo piano (come Bersani non è) e pericolosamente alternativo a Berlusconi e soprattutto al vecchio apparato Pd (di cui Bersani fa storicamente parte, con colleghi stretti come Massimo D’alema a Filippo Penati e al blocco di potere interno delle Coop rosse…).

Bersani, anni fa, è il protagonista di accordi tra le Coop e la Compagnia delle Opere sulle infrastrutture pubbliche.

E tratta con Penati l’operazione Gavio per aggiungere un azionista alla scalata Bnl con Unipol, con quattrini sottratti, via acquisto dell’ autostrada Serravalle a prezzi gonfiati, alla Provincia di Milano.

Pochi mesi fa, poi,  Bersani dà il suo benestare per far passare in un decreto Monti eufemisticamente etichettato come “anticorruzione” un codicillo che abbrevia la prescrizione proprio per Penati , il boss del “sistema Sesto” e dell’operazione Serravalle e dei suoi compagni inquisiti delle Coop edilizie Rosse.

Come mai l’antiberlusconiano Bersani si spende per il maggiore polo di malaffare accertato esistente nell’universo Pd? Forse perchè ne ha fatto parte, e dirigente?

Bersani vince le primarie. Ha ora,  per le elezioni, dalla sua sondaggi strabilianti, ha l’Italia che gli offre il governo, delusa da Berlusconi.

Ma lui che fa? Una marcia trionfale alla Obama? No fa di tutto per perdere. Messaggi smozzicati, comparsate televisive ridicole. E soprattutto silenzio.

Il programma del Pd, alle elezioni, a leggerlo, ha un quarto delle idee e delle righe degli altri. Fa ridere tanto è generico e sciatto.

Fino agli ultimi giorni elettorali utili Bersani insiste nel suo eroico silenzio. Persino quando Berlusconi si prende il centro della scena con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa la sua replica è patetica.

Negli ultimi sette giorni al voto un milione di italiani, schifato, passa a votare per Grillo. Di fronte a questa mummia Pd.

Elezioni. E risultati. L’Italia unanime è stupita dal disastro ottenuto dal Pd. Persino Berlusconi e Grillo.

Bersani non fa un plissè. Forte di una maggioranza alla Camera ottenuta con il clamoroso 0,7% va dritto all’obbiettivo. Deve soddisfare il suo elettorato interno Pd, giustamente antiberlusconiano, e comincia il suo inconcludente balletto con il movimento 5 Stelle. Che non ne vuole sapere, a cominciare da Grillo e Casaleggio.

Propone, pro forma, il suo incarico a Napolitano che giustamente, in mancanza di numeri, glielo nega.

Elezioni presidenziali. Dopo un paio di giri a vuoto siamo al dunque. D’Alema gli chiede una votazione a scrutinio segreto, nel Pd, contro l’altro grande nome, Prodi.

Lui fa il colpo di mano improvviso, tenta l’acclamazione a Prodi e ovviamente i dalemiani gli si rivoltano contro in aula. Disastro.

Grillo gli offre, se vota Rodotà (un ex presidente Pds, si badi) un accordo di governo. Lui rifiuta, in totale controtendenza a poche settimane prima. Perchè? Boh.

Risultato: unica possibilità diviene il secondo mandato a Napolitano e, come già deciso, il governo di larghe intese (alias inciucio).

Il governo che consente di non alterare i rapporti di potere (per esempio gli affari tra Comunione e Liberazione e Cooperative) e di condividere il peso di politiche difficili anti crisi.

Il Pd di Bersani abdica, in sostanza, a guidare il Paese. E lo fa dopo un balletto, finemente mascherato, e durato sei mesi. Passando per una sconfitta elettorale voluta.

Chi va al governo?

Guarda caso Enrico Letta, il  vice di Bersani nel Pd. Che pubblicamente lo ringrazia nel suo discorso di insediamento.

E Bersani si commuove, dopo tutto il lavoraccio fatto.

Grazie Pierluigi, a non più rivederci.

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5 Responses to La grande presa in giro firmata Bersani

  1. Davide says:

    Beppe,
    io, devo dire, pur condividendo sostanzialmente la ricostruzione, nonostante tutto credo nella relativa buona fede di Bersani (della persona Bersani) nel passaggio post-elettorale.
    Da ciò che scrivi sembra che tutti gli step avessero un filo logico-strategico per arrivare all’abdicazione finale ed allo stallo attuale. Mi sembra forte (e, se lo fosse, lo sarebbe!).

    Seguo saltuariamente ma con interesse il tuo blog. Se ti va di dare un’occhiata, ne ho aperto uno da poco, contenitore di spunti e sfoghi politici.

    Ciao,
    Davide

    • beppe says:

      Il punto nodale è la non campagna elettorale. Di proposito o per incapacità? poi tutto il resto dà un senso di percorso obbligato. Fino all’esito finale. Ha voluto perdere oppure non è stato capace di vincere? Forse un giorno lo capiremo.

  2. beppe says:

    Divertente, il tuo blog cita giochi o situazioni win-win per la politica. Esattamente quanto nel 2002 mi proposi, mettendo il titolo sui giochi di rete. Spero che tu abbia miglior fortuna di me,e di tanti che vivono positivamente le dinamiche di rete ma meno, molto meno, quelle del mondo istituzionale. Comunque, Davide, per me questo è l’approccio culturale giusto.

  3. Davide says:

    Grazie Beppe, del commento e dell’incoraggiamento.
    Mi ricordo del tuo vecchio blog… è probabile che indirettamente abbia contribuito anche lui (tu) agli umili spunti che raccolgo nel mio.

    A presto,
    Davide