Il partito reazionario italiano si sta formando. Non conta più soltanto sui guerriglieri di Grillo, e le acciaccate truppe di montagna della lega. No, la bandiera con le tre e cancellate (e da cancellare), ovvero Europa, Euro e Equitalia sventolerà sul pennone dell’ammiraglia Mediaset, che irradierà in tutto il paese il verbo della rivolta. Per bocca del suo massimo venditore, Silvio Berlusconi.
Più breve sarà questa campagna elettorale meglio sarà per l’Italia. Votare subito, prima che comincino queste grancasse. E la corsa avvelenata contro lo spread. Ha fatto bene Monti ad annunciare subito le dimissioni.
La destra gioca la carta della rivolta contro Monti? Contro il “grand vilain”che ha torchiato il paese, gettandolo nella depressione più cupa, agli ordini di Bruxelles e della Bce. Prima lo portava in palma di mano e ora, a un cenno del capo, lo rigetta. Davvero credibile.
Una terribile disciplina, quella montiana, che l’Italia dei furbi e furbastri (se non peggio) ben abituata e pasciuta nel ventennio berlusconiano, non può tollerare. Una pancia italiana che Berlusconi conosce fin troppo bene.
Il problema, gravissimo, è che questa rivolta, tecnicamente definibile come reazionaria, ha elevate chanches di successo. In Italia c’è tanta gente sull’orlo della disperazione.
Arriva uno a dire: guardate che l’Euro ci sta ammazzando, torniamo alla vecchia lira, svalutiamola, riprendiamo a produrre e lavorare (anche se con salari, redditi e risparmi decurtati) e freghiamocene degli eurocrati di Bruxelles che fanno solo gli interessi dei tedeschi.
Se qualcuno proponesse questo programma quanti italiani si metterebbero a riflettere sui vantaggi ponderati dell’Europa, sulla necessità a medio o lungo termine di un fisco in ordine e realmente equo, sui benefici di un paese sempre meno corrotto e pervaso di criminalità?
Robe da economisti, intellettuali e anime belle. Mentre la pancia è vuota e non è alle viste nessun progetto altrettanto percepibile (e pubblicitario) di lavoro e sviluppo dal lato di chi oggi appoggia Monti.
Il Pd, purtroppo, in prima fila. Ha solo il buon senso dalla sua. Ma quest’ultimo non è commestibile a breve.
A mano a mano che la campagna elettorale progredirà, nei suoi toni virulenti, nei suoi sondaggi sempre più preoccupanti, avremo crisi finanziarie da spread, forse (spero di no) simili a quelle dell’autunno di un anno fa. E l’Italia, declassata, probabilmente sarà costretta a ricorrere all’ombrello della Bce.
Risultato: impegni vincolanti di rigore anche per la legislatura in apertura. Quindi chiunque vincerà le elezioni sarà tenuto a rispettarli. A meno di non dichiarare il default “duro” del paese e l’uscita secca dall’Europa.
Insomma, il disastro. L’estremismo controrivoluzionario rischia di suscitare un mostro uguale e contrario. Invece del promesso e sbandierato ritorno allo sviluppo l’avvitamento in una situazione greca.
Sarà questo bivio? E l’Italia prenderà la direzione sbagliata?
Conviene a tutti ragionare. Al di là di un Berlusconi di nuovo in corsa per la sua ossessiva immunità. Conviene partire da una constatazione che fanno tutti, da una parte e dall’altra (salvo Casini, ideologicamente accecato): il 2012 di Monti è stato un anno eccezionale, in cui il professore ha calcato la mano, forse troppo. Bisogna cambiare, avere un 2013 diverso, di investimenti.
Nel 2013 l’Italia sarà in pareggio. E potrà chiedere e ottenere risorse dai mercati (e dall’Europa) per investire. Non solo: l’Italia potrà fare fronte comune con la Francia e la Spagna perchè si avvii finalmente una politica reflattiva nel continente, a partire dal suo sud devastato.
In sintesi: è il risanamento credibile, anche oltre Monti, che porterà in Italia capitali, fondi, risparmi e imprese internazionali. La ricetta furba e controrivoluzionaria, guidata da Silvio Berlusconi, sarà solo il terribile suggello della sua malaugurata parabola politica.