Primarie ragionate per la Lombardia

Volete farvi un’idea della prima uscita pubblica dei quattro candidati alle primarie civiche in Lombardia?

Quali idee, progetti, hanno in mente Kustermann, Ambrosoli, Biscardini, Di Stefano?

Possibile cominciare a capire per scegliere?

Qui potete scaricare e ascoltare i loro primi interventi in occasione del convegno tenutosi all’auditorium San Carlo ieri sera, in una sala strapiena.

Due tornate, per complessivi otto interventi. La prima seguita alla lettura (a più voci) del documento messo a punto dalle associazioni promotrici della serata.

Qui la prima tornata:

Ambrosoli

Biscardini

Kustermann

Di Stefano

E poi la seconda tornata:

Kustermann

Di Stefano

Biscardini

Ambrosoli.

Buon ascolto.

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Commento personale: ieri sera ho ascoltato quattro persone di qualità.

Biscardini, per esempio, ha mostrato una notevole competenza in termini di visione della storia recente della Regione Lombardia e dell’impatto che ha subito nei 17 anni di formigonismo. Di fatto la Regione, un tempo campione del welfare e delle politiche pubbliche avanzate, è diventata un sistema di erogazione, anche automatica, per soggetti privati (in particolare nella sanità) senza autorità su di loro, controlli, verifiche. E il welfare, compresa la formazione professionale, si è progressivamente prosciugato. La Regione è divenuta sempre più estranea alla vita dei suoi cittadini.

Di fronte alla crisi in atto, che in Lombardia è tanto più dolorosa quanto è l’epicentro della deindustrializzazione italiana, si è cominciato a manifestare il vero tema della serata. Il cambiamento di guida alla Regione Lombardia come progetto politico per rispondere, in modo vincente alla crisi. E la risposta di Biscardini, a questo grande interrogativo, è stata a mio avviso debole. E molto tradizionale, nei termini di un buongoverno progressista.

La grande rivelazione di ieri sera è stato a mio avviso Andrea Di Stefano. Lucido, appassionato, con un progetto preciso.

Potremmo definirlo di Keynesismo radicale. In pratica togliere i danari regalati dalla Regione a Comunione e Liberazione, e consorterie varie e mtterli nel welfare per i più impoveriti e nel sostegno al lavoro. In più riprendere il filo delle politiche industriali e di sviluppo puntando sui settori trainanti, come la green economy, la mobilità elettrica, l’agricoltura biologica e il consumo consapevole.

Una risposta alla crisi che Di Stefano declina come “reddito di cittadinanza” (versione Caritas) , la cifra di una sinistra radicale (a mio avviso discutibile) ma che ha comunque il pregio della chiarezza, e dell’idea forza.  Il messaggio è: ribaltiamo le politiche regionali dei 17 anni della destra e, con il cambiamento, diamo una risposta forte alla crisi, al milione tra disoccupati, precari, impoveriti.

Invito quindi ad ascoltare i due interventi di Di Stefano.

Kustermann si è presentata invece fondamentalmente come persona. Come storia anche personale, come vissuto di medico, come soggetto profondamente sensibile alla crisi.  E’ un candidato degno della massima stima. Ma, almeno ieri seri, non mi ha trasmesso un progetto politico.

E infine Ambrosoli. Lungo tutta la serata ho decodificato di lui tre elementi.

Ha una scala di priorità in testa piuttosto precisa. Dove legalità, trasparenza e rispetto delle regole sono assi portanti del suo progetto di governo della Regione.

Nel suo secondo intervento, forse per rispondere a Di Stefano, ha esposto in due parole il suo progetto economico. Attrattività agli investimenti esteri in Lombardia (230 miliardi persi negli ultimi 10 anni) e competitività. In pratica attrattività e competitività sono le due parole chiave che identificano una sintonia con Monti, con il pensiero economico prevalente in Europa, con il mainstream persino dell’Economist.

Ambrosoli, non dimentichiamolo, è un centrista. Che ha già dichiarato che non vuole fare crociate contro il privato. E, probabilmente, è su lunghezze d’onda un bel po’ diverse da quelle di Di Stefano. Però con una variante, che lo rende interessante: è come se avvesse voluto dire in fine di serata che lui è disposto a mantenere molte liberalizzazioni a un patto. Che si rispettino davvero le regole. E questo lo avvicina a Di Stefano, quando sostiene che una revisione drastica degli accreditamenti sanitari (leggi aziende amiche della passata gestione) potrebbe generare quelle risorse necessarie a impattare sulla crisi.

Morale: le posizioni non mi paiono tanto distanti, tra tutti e quattro i candidati. Una manovra di ristrutturazione profonda della Regione è invocata da tutti, e un’offensiva anti crisi anche.

Spero che Ambrosoli capisca che il welfare distrutto da Formigoni (e Berlusconi) oggi è necessario ricostruirlo. Che un progetto su questo terreno è essenziale, e non solo per la sinistra. E spero anche che Di Stefano sostituisca “reddito di cittadinanza” con “rete di sicurezza”. Il primo infatti, di cui si discuteva nei primi anni 90, è un termine ormai un po’ logoro, e sa di automatismo statalista. La seconda invece evoca un sistema ben più ricco di misure e di interventi (inclusivo certamente di sostegni al reddito per i più poveri) ma esteso anche al lavoro, alla tenuta delle imprese, al terzo settore di cittadinanza attiva.

C’è quindi un mix possibile tra i due paradigmi emersi ieri sera.

E questo elemento mi ha fatto tornare a casa, dopo l’evento dell’auditorium San Carlo,  più allegro di quando vi sono entrato.

 

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