Vincere in velocità

Se fossi in Formigoni, dopo l’esordio delle primarie civiche lombarde di ieri sera, esulterei. Oggettivamente il candidato migliore, per passione, chiarezza di idee, programma si è dimostrato Di Stefano.

Di questo passo, se è davvero bravo ( come credo sia),  se sa parlare non solo ai giri della sinistra radicale, se sa convincere di una prospettiva anti-crisi, anti-povertà davvero nuova, potrebbe vincere le primarie, persino trionfando nel popolo della sinistra lombarda. E sarebbe il disastro. Di fronte al corpo elettorale moderato della regione.

Un altro uomo “sbagliato” come Di Stefano è  peraltro già stato Giuliano Pisapia. Nessuno credeva alle sue chances (manco io) nell’estate del 2010. Poi, passo dopo passo, ha invertito tutti i trend, costruito alleanze e consenso. Battuto gli avversari. E infine ha vinto, persino con l’appoggio di Bassetti e altri centristi. Ma soprattutto di decine di migliaia di giovani milanesi.

Di Stefano non ha però a sua disposizione dodici lunghi mesi, ma solo una sessantina di giorni utili, dalla (ipotetica) vittoria alle primarie al voto a metà febbraio. Un ordine di grandezza in meno. Difficile per lui un’ascesa (a razzo) alla Pisapia. Difficile anche perchè il suo programma è davvero radicale (ancorchè giustificato dalla crisi), la sua è “roba forte”che tocca interessi consolidati. Può quindi risultare indigeribile ai moderati, anche di sinistra.

Pur avendo il cuore con Di Stefano, pur facendo parte come lui di un gas (gruppo di acquisto solidale), pur essendo come lui un volontario e cittadino attivo dal 1994, dico che l’asse di queste regionali in Lombardia, forse storiche, si chiama, gira e rigira, Umberto Ambrosoli.

Piaccia o meno. A meno che si voglia lasciare la Lombardia a Maroni.

Non ritengo gli altri candidati dei possibili leader . Qui non voglio argomentare oltre, sperando infatti di sbagliarmi per tutta la stima che ho per ambedue.

Ottime persone, per carità. Ma non mi hanno dato l’impressione di poter divenire motori di una trasformazione “forte”, qual è quella necessaria in questa regione in rapido declino.

Ed eccoci quindi al paradosso. Di Stefano è forte sulle primarie ma debole sulla corsa finale, Ambrosoli è debole sul popolo della sinistra ma forte sulle elezioni finali. Il primo può bloccare il secondo nella candidatura, il secondo, se non corre pienamente da candidato di coalizione, può bruciare le speranze di un’alternanza, stranecessaria, dopo 17 anni di monopolio di Formigoni, Cl , Lega e Pdl.

Bella asimmetria speculare. Come se ne esce?

Quindi la partita è tra due quarantenni: Ambrosoli e Di Stefano. Se vince il secondo il centrosinistra si frega la Lombardia e la riconsegna ai soggetti e agli interessi del passato.

Se di converso Ambrosoli vince innaturalmente o forzatamente queste primarie, con un progetto di centro-destra, rischia di far ingrossare a sinistra il popolo delle astensioni, o di fornire consensi al cinque stelle. E potrebbe alla fine perdere di fronte a un Maroni aggressivo (Albertini astengasi).

E’ quindi necessario che si formi al più presto un “progetto civico condiviso”, che abbia dentro un mix equilibrato, e il più possibile sinergico, di “democrazia sociale di mercato”, incluso un forte impegno sul nuovo welfare, sul lavoro, sull’impulso alle frontiere industriali traenti.

E’ una campagna elettorale inedita, del resto. Formigoni l’ha voluta e imposta brevissima, sapendo che in tal modo tendeva una trappola mortale ai suoi avversari.

Non cadiamo nella trappola. Non c’è tempo per giocherellare con i conflitti ideologici e programmatici. Troviamo subito una mediazione chiara e progressiva su un programma di centrosinistra. E che quindi Ambrosoli si impegni a accettare Di Stefano nella sua squadra di governo e viceversa. Un livello di unità rapida (ma non frettolosa) ci consentirà di uscire da questo passaggio pericoloso.

E cerchiamo di vincere, stavolta.

 

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