Dio salvi la City

Abbastanza eloquente il numero dell’Economist di questa settimana. Tutto in difesa della City di Londra, dagli attacchi dell’Unione europea e anche di alcuni politici inglesi.

Riporta l’Economist (con sdegno): lo stesso primo ministro inglese, David Cameron, promette di farla finita con i suoi “eccessi”. E i suoi ministri discutono di “ribilanciamento” dell’economia inglese dalla finanza all’industria. E non parlano solo alla piazza indignata di Occupy London. Forse qualcosa di più serio c’è.

Cameron, per difendere la City, si noti, ha pagato il prezzo di emarginare la Gran Bretagna dal nuovo trattato europeo. La fonte quindi non è sospetta.

Dall’analisi dell’Economist si scopre, per chi non lo sapesse, che la City of London dagli anni 70 è di gran lunga la prima piazza speculativa sui cambi (più grande per volumi transati di New York e Tokio sommate assieme), e da alcuni anni la prima piazza finanziaria del pianeta.

La City fa da sola (annessi e connessi) il 7% del Pil inglese, ed è la maggiore industria del paese per attrattività (anche internazionale) di capitale umano qualificato. Relativamente specializzata sull’Europa soffre però – spiega l’Economist -  della recessione e della crisi del continente, e del crollo dei mercati azionari industriali.

In pratica: la City, con il suo esercito di decine di migliaia di trader, è il vero pilastro della sesta economia mondiale, e oggi deve far fronte a una crisi che, per i servizi finanziari tradizionali (interni e internazionali), è di una derivata più negativa. Come se fosse una Fiat di due ordini di grandezza più grande in rapida caduta di vendite.

Basta quindi fare due conti, leggendo in controluce le informazioni che dà il settimanale britannico, per capire. Se la City è il leader mondiale nell’hedging (leggi speculazione), e nei derivati, e ha un fortissimo problema di profitti in crollo sui suoi mercati di riferimento (in primis gli azionari europei), come potrà dar da mangiare alle sue banche (la sola Deutsche Bank ha là una filiale da 8mila, diconsi 8mila addetti, una Mirafiori)? Ovvio, quel che non “estrae” dall’economia reale lo sta “estraendo” dall’hedging, dalla speculazione finalizzata a sè stessa, quindi dai risparmi degli europei, italiani in primis.

La Tobin tax, oggi propugnata dall’Europa continentale, sarà pure velleitaria (ovvio, dovrebbe essere una tassa globale), sarà pure radicale. Non si farà, forse mai. Ma almeno è un segnale. Difensivo, certo, ma un segnale chiaro. Il re è nudo. Chi fa speculazione ad ogni piè sospinto comprando e vendendo allo scoperto su vasta scala, millisecondo contro millisecondo, almeno paghi pegno. E rallenti.

Certo, alla City non piace la Tobin Tax, e nemmeno a Cameron, il suo Primo Ministro. Come farebbe altrimenti, la City a far fruttare i suoi multi miliardi di transazioni orarie? E quale futuro per la Gran Bretagna?

Aggiungo che la prima nazione che dovrebbe serissimamente considerare misure contro la speculazione incontrollata, e per rallentare un po’ la City, dovrebbe essere proprio la Gran Bretagna. Se vuol conservarsi una piazza leader finanziaria globale, ma in senso proprio, non dei casinò online. E ben interconnessa con gli altri attori.

Aggiungo ancora che la prima vittima di questo stato di cose è proprio l’Italia. E la realtà è sotto gli occhi di tutti. Con Monti si vara una “cura da cavallo” di maggiori tasse da 80 e rotti miliardi di euro in tre anni. Uno pensa: ora l’Italia è di nuovo credibile. Lo spread può ridursi, a rigor di logica. E invece no. Come mai? Quale insensibile demone è al lavoro?

Evidentemente la macchina della speculazione (leggi in primis City) magari ha modificato di qualche percento qualche parametro nei suoi modelli algoritmici, ma continua inperterrita a sparare transazioni su transazioni al ribasso. Basta niente, una frase di qualche big, un aumento di capitale troppo piccolo o troppo grosso di una banca, una cattiva digestione del capo, una lettera di licenziamento nel suo cassetto….

Vivere a Londra costa, lo so per esperienza. E molte giovani aspiranti star della finanza l’hanno provato, sulla loro pelle, nel 2008-2009, quando interi grattacieli si svuotarono di colpo.

Ma allora come forse oggi molti di loro erano dentro un ingranaggio infernale. O mi dai i risultati, a fine settimana, o te ne vai. E i tuoi risultati devono essere almeno uguali, se non superiori, a quelli del tuo vicino.

Forse qualche granellino di sabbia in questo ingranaggio faccia comodo pure a loro. E alle loro famiglie.

 

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2 Responses to Dio salvi la City

  1. Cristiano says:

    i suoi ministri discutono di ribilanciamento verso l’industriale…

    appena discutono?
    adesso, nel 2012??

    e’ da tutto il 2008 che la sterlina e’ svalutata e da tutto il 2009 ipersvalutata, 4 anni,
    questo doveva anche servire a ricostruire l’industria e l’export (distrutti anche da un cambio per almeno un decennio eccessivamente alto proprio per rendere allettanti i flussi finanziari verso la city), ci sembra che abbiano fatto qualcosa?
    o almeno messo giu’ un piano?
    Fino al 2010 ero li, e non ho visto nulla di nuovo.
    Cameron ha vinto le elezioni perche’ era finito il ciclo neolaburista in concordanza con lo scoppio della crisi, ma non mi pare avesse nel suo programma la reindustrializzazione dell’UK, non ha vinto per quello.
    Questi appena adesso dicono che ne stanno discutendo…dopo 4 anni…ma che vadino…