La stabilità degradata

Può sembrare un’ovvietà. Ma ieri le istituzioni, Consulta e Parlamento, hanno votato, anche controintuitivamente, per una certa nozione di stabilità.

L’arresto di Cosentino, accusato (da più magistrati in più processi) di essere il referente di una delle maggiori organizzazioni economico-criminali d’Europa (come ben sa Saviano) avrebbe, con ogni probabilità, destabilizzato il Pdl, fino a difficoltà personali per il suo leader. Mantenerlo a piede libero (ma toglierli ogni incarico nel partito di Berlusconi) appare un tentativo di disinnescarlo, e di consentire a quel partito, il Pdl, di attraversare senza ulteriori eplosioni (quanti scheletri nell’armadio ha Cosentino?) questa difficile fase emergenziale, che probabilmente si estenderà ben oltre i prossimi dodici mesi.

Anche se mitigato, infatti è indirittura di arrivo il “fiscal compact“, il trattato europeo per il pareggio di bilancio costituzionale e per ridurre il debito pubblico anno dopo anno a medio termine. Un esercizio per l’Italia, dal 2013, di almeno 12 anni, estremamente impegnativo. Anche se mitigato da alcune clausole di flessibilità ottenute da Monti.

—————

Article 4
When the ratio of their government debt to gross domestic product exceeds the 60 % reference value mentioned under Article 1 of Protocol No 12, the Contracting Parties undertake to reduce it at an average rate of one twentieth per year as a benchmark.

———————

Il fiscal compact, anche con le correzioni “flessibili”, comunque ci dice, e in chiaro: niente repubblica parlamentare, per almeno 20 anni, niente leggine di spesa, niente lobbies o microlobbies. Decisioni solo di vertice.

Di qui il Porcellum. Questa legge elettorale antidemocratica, da dittatura delle segreterie di partito nelle nomine, diciamolo chiaro, è molto, fin troppo compatibile con lo scenario del “fiscal compact”. In pratica il porcellum è una centralizzazione del potere decisionale sul governo. Il parlamento diviene un fantasma politico (ben remunerato)  che deve solo ratificare i decreti emergenziali dell’esecutivo e del premier, eventualmente con emendamenti marginali. Tutti controllati a palazzo Madama o Chigi. Niente rompiscatole di turno,  compravendite, coalizioni strette e governate da pochi leader.

Idem nelle regioni, inutili copie di Roma.

Impensabile quindi l’apertura, sull’onda del referendum (che avrebbe passato il quorum e vinto al 90% di probabilità) di una vociante, ma partecipata, stagione di ripensamento della Repubblica. Il debito, e il fallimento della Repubblica, ce lo preclude. La legge elettorale, l’altra metà della Costituzione (reale) finora ha seguito (all’italiana) la grande centralizzazione. Impensabile un ribaltamento di un trend che dura dal primo fallimento della Repubblica nel 1992.

Meglio forse un aggiustamento concordato, dentro il palazzo, del porcellum. Forse sulle preferenze elettorali, forse sulla limatura di qualche premio di maggioranza. Forse, ma con calma. Si vedrà.

La centralizzazione del sistema politico italiano deve poi tenersi dentro tutti, ci dice il caso Cosentino, per mediare. Il popolo dei furbi (evasori e imprenditori in nero) e persino i referenti dei maggiori network economico-criminali. Ieri un’ennesima, brutta, prova.

Questo è il messaggio, almeno nella mia decodifica, della triste giornata di ieri.

Il problema però è capire come si possa fare un risanamento del paese in questa situazione di occulto centralismo degradato. Tirandosi dietro persino gli interessi del popolo dei furbi e peggio.

Chi pagherà, in queste condizioni, il lungo risanamento? Semplice, chi ha minore potere contrattuale. Cosentino e i suoi hanno dimostrato di averlo piuttosto robusto. E questo con buona pace dei pensionati leghisti, carne da cannone.

Se centralismo vi ha da essere, di fronte alla lunga emergenza che abbiamo davanti, preferirei però fosse almeno esplicito e trasparente. E con qualche minima garanzia per la rappresentanza dei cittadini in Parlamento. Il che non mi pare impossibile.

Se vogliamo salvare un po’ di democrazia in questo paese, quindi dobbiamo realizzare che le figure chiave dei prossimi vent’anni saranno:

1) Il presidente della Repubblica

2) Il presidente del Consiglio

3) I quattro o cinque leader di partito

4) I Sindaci

gli altri conteranno niente.

Quindi:

1) Stiamo attentissimi a chi verrà proposto l’anno prossimo a presidente della Repubblica. Una candidatura Berlusconi potrebbe ingenerare, in molti, il ricordo della lotta armata.

2) Un governo tecnico, tipo Monti, è in casi come questi (12 anni di risanamento duro) preferibile a un governo politico di furbacchioni, corrotti e mezze tacche.

3) Roma blindata per 12 anni, in questo modo, significa che quel po’ di democrazia che possiamo si può tenere viva solo localmente, nelle città e persino nelle zone.

————

Qui invece un esempio di quello che potremmo fare, per mantenere viva un po’ di democrazia,  in questi 12 anni, partendo dal nostro territorio. Da casa nostra.

 

 

This entry was posted in home and tagged , , , , , , . Bookmark the permalink.

Comments are closed.