Ancora cinque anni

Il messaggio lanciato ieri da Angela Merkel è terroristicamente chiaro: «Ci vorranno più di cinque anni per superare l’attuale crisi economica. Dobbiamo trattenere il respiro per cinque anni o più».

Pronunciato durante un’assemblea del suo partito (la Cdu) potrebbe apparire esagerato,  volutamente eccessivo, una forzatura per affrontare sulla linea del rigore le prossime scadenze elettorali.

A me però non pare affatto una forzatura. Specie se se si giustappongono crisi fiscale europea e crisi fiscale Usa, l’autentico banco di prova della prossima presidenza a Washington.

La crisi americana è la madre di quella europea, fin dal 2008. E non è affatto risolta, ma solo tamponata. E fa paura a molti. Ai meglio informati.

Speriamo di non finire come gli Usa,  così La Stampa titola oggi in modo eloquente un’analisi di Mario Deaglio sulla fragilità di bilancio americana, e sull’incognita del “fiscal cliff”, la scadenza degli sconti fiscali generosamente accordati da Bush e il rischio ravvicinato di una grande crisi di bilancio.

Anche Carlo Bastasin , sul crinale statunitense, ci spiega l’arcano dei cinque anni aggiuntivi della Merkel:

… Chiunque vinca (le presidenziali Usa, ndr), il 2013 sarà l’anno cruciale per il futuro fiscale americano. Il voto di martedì ci dirà quali saranno i nuovi rapporti di forza a Washington, ma senza un rapido accordo, le agenzie di rating potrebbero declassare ulteriormente il debito Usa. La capacità americana di fornire al resto del mondo titoli sicuri in cui investire non terrebbe più il passo con la crescita dell’economia globale. Il ruolo di valuta di riserva dovrebbe essere coperto anche da altre valute. L’unicità americana, il privilegio esorbitante di battere moneta per il mondo, potrebbe finire di colpo. In parte questo dipende dal destino dell’euro. E questo a sua volta dipende dal destino italiano. Il riferimento un po’ sprezzante al Sud Europa nasconde dunque una delle partite economiche più importanti dei prossimi anni.

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Questa catena di eventi, altamente probabile, presuppone un dato: che l’Euro sia sufficientemente forte per reggere il “passaggio epocale” del ridimensionamento del dollaro come moneta di riserva globale.

E questo euro forte è paradossalmente proprio il futto della crisi.  Sta nei “cinque anni” di rigore, riforme strutturali e pareggi di bilancio previsti dalla Merkel. I “cinque anni” quindi sembrano più un gigantesco progetto politico (anche di aiuto a un’economia Usa “insostenibile”) che una previsione apocalittica.

Infine,  un progetto politico un leader lo  annuncia, di solito,  in un congresso del proprio partito. Sede naturale. Esattamente come ha fatto Frau Angela.

I cinque anni di rigore a leadership tedesca sottendono quindi non solo i conti in ordine nell’eurozona ma ben di più. Un sistema monetario globale non più imperiale. Non più una sola moneta di riserva ma più monete. Una Bce, di conseguenza, un po’ più simile alla Fed. E così per altre banche centrali (come quella cinese). E quindi la modifica dei rapporti di forza nel mondo.

Se questo processo, in Europa, dipende dalla tenuta di Italia e Spagna (in particolare la prima) credo si assisterà a una forte, palese e non, campagna per il mantenimento di governi pienamente compatibili con questo processo-progetto. A partire dalle nostre prossime elezioni di aprile 2013.

 

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One Response to Ancora cinque anni

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