Non è mai stato un democratico. Ma un individualista monocratico, metà condottiero e metà padroncino.
Ha avuto un’idea rivoluzionaria e vincente: il localismo attivo, esploso dopo il fallimento dell’Italia nel 1992. Ma la Lega è stata la sua creatura proprietaria.
Una volta disabile ha quindi accettato (e forse architettato) un sistema autonominato e chiuso attorno a lui. Per lui, in difficoltà, protettivo. Regista probabilmente la moglie.
E questo sistema familiar-amicale ha degradato la sua creatura e infine ha affondato lui stesso.
Non sarebbe stato meglio, dal 2004, una transizione verso normali congressi con normali elezioni aperte? E tu da allora presidente onorario?
Già, ma la democrazia non è di casa, nè alla Lega del “capo”, nè nel Pdl, nè all’Idv o al Pd. E persino nel Cinque Stelle. Non è di moda nei partiti. Non è più di casa nel palazzo italiano.
Negli scorsi 50 anni si ha avuto successo, in politica, con le cordate, il danaro (nostro), l’immagine e il marketing del proprio ego assoluto.
Politica tossica dal 1962 ad oggi, salvo trascurabili intermezzi.
Dopo De Nicola e De Gasperi non abbiamo avuto un leader politico autenticamente democratico, costruttore di democrazia aperta, seria, bilanciata. Artefice e soggetto alle regole comuni. E infatti oggi, a furia di condottieri di sventura, di centralisti, di furbi, e peggio, ci ritroviamo mezzi falliti con un debito enorme (craxiano in origine ma poi ben manutenuto dal duo Bossi-Berlusconi) e il 25% del pil bruciato in illegalità e corruzione.
Al punto che quasiasi riforma, federalismo compreso, è oggi quasi impossibile. Le priorità emergenziali sono altre.
Bossi ha quindi dato il suo bravo contributo, con la sua antidemocraticità interna, a rendere impossibile tale sbandierato federalismo.
Intanto, addio Bossi, vittima del tuo paradosso, del tuo ego troppo italiota. E addio, spero, anche Calderoli e cerchio connesso.
Con il primo e altri, almeno, fui sotto il Palazzo di Giustizia nel 1992. Ai tempi del primo fallimento dell’Italia.