Vi propongo un gioco….

Vi propongo un gioco. Premetto che sono solo un giornalista tecnico, senza nessuna pretesa di titoli di esperto in questo o quello, che sia ambiente, informatica, economia, sociologia o politica.

Sono solo un cittadino informato che si è posto la seguente domanda. Come possono e potranno le comunità aiutarsi vicendevolmente, nei prossimi anni, a sviluppare sostenibilità ambientale, economica, di sostegno (welfare), di futuro, e infine umana?

La sostenibilità ha infatti più facce a mio avviso. Dove c’è miseria e depressione anche l’ambiente viene spoliato di necessità bruciante. Dove c’è degrado e malaffare si crea malessere e desertificazione. Dove non c’è innovazione e futuro tutto ingrigisce e i giovani fuggono. Dove si vive isolati, e da sudditi, la vita intorno a noi, e dentro di noi, avvizisce.

Al contrario se tutte queste variabili sono in positivo (ambiente, economia, welfare, futuro, partecipazione attiva) allora sì che sentiamo di nuovo la bellezza di vivere la nostra città o area. Allora sì che sentiamo che un vento nuovo sta spirando, innanzitutto in noi stessi.

Vi propongo quindi un gioco. Senza pretesa di soluzioni ma solo offrendovi ipotesi. Per indurre in Voi altre ipotesi, altri scenari. Un gioco di immaginazione.

Prendiamo la mappa della nostra città, o zona e disponiamoci sopra sei carte:

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la sostenibilità ambientale in senso stretto

i servizi di welfare

i redditi e le attività economiche

le innovazioni

la qualità della vita (anche psicologica)

le politiche locali, in particolare comunali

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Vi possono sembrare tante ma sono solo una rozza approssimazione delle varie facce di un territorio.

Ora, sulla mappa proviamo a disegnare una ragnatela. Che arrivi a toccare quelle sei carte, come un esagono.

La ragnatela raffigura una rete, che connette i soggetti che vivono nello spazio descritto dalla mappa. Una rete civica in cui circolano non solo messaggi ma anche altro. Una rete civica per mettere a frutto, con benefici e guadagno reciproco (la grande e vera forza di tutta l’internet), i beni comuni che coltiviamo assieme.

Il gioco è immaginare, a partire dalle sei carte e dalla ragnatela, come possiamo costruire un passo successivo rispetto anche a PartecipaMi (o altre forme di comunità di discussione) verso reti anche per fare, produrre, riequilibrare, partecipare.

Ipotesi 1. Il tempo come bene comune

Il primo bene comune può essere il tempo. I cittadini disoccupati, sotto-occupati o pensionati possono usare la rete per scambiarsi servizi, gratuiti o a pagamento. E il Comune può chiedere o offrire servizi allo stesso modo. In maniera trasparente, soggetta a precisi indicatori di reputazione sviluppati dalla rete stessa.

Non solo quindi una semplice banca del tempo, ma un sistema (meglio se incentivato) di mobilitazione  delle professionalità, di qualunque tipo o età esse siano, in relazione ai bisogni.

Perché questo possa funzionare la comunità deve avere, al suo interno, un meccanismo di autenticazione semplice ma sicuro, e esteso ai telefonini. Dobbiamo essere certi di chi agisce nella comunità, di chi offre o ci chiede una cosa.

Questa autenticazione consente da un lato lo sviluppo di sistemi di reputazione (capire con chi abbiamo a che fare) e dall’altro di effettuare nella comunità microtransazioni, anche monetarie, sicure.

Sulla base di questa certezza possiamo usare, a guadagno condiviso, la nostra principale risorsa: il tempo.

Esempi (ipotesi):

La cura dei bambini, rivitalizzando il ruolo sociale degli anziani.

La cura degli anziani, in casa e fuori casa.

L’organizzazione di eventi ricreativi e culturali.

La prestazione di ore di lavoro manageriali negli incubatori di nuove imprese.

L’aiuto e formazione sull’e-government e l’uso della rete per chi non sa usare il computer.

Ipotesi 2. Il territorio “misurato” dai cittadini

Il territorio può essere misurato e “commentato” dai cittadini (per esempio qui su PartecipaMi) strada per strada, servizio per servizio, discarica per discarica, mercato per mercato, prezzo per prezzo.

La sensorialità è diffusa e a basso costo. Basti pensare alle fotocamere nei telefonini. E a quanti ce ne sono in giro. E le mappe dettagliate e arricchite dalle segnalazioni dei cittadini (come avviene qui su Sicurezza Stradale) possono essere un potente stimolo a chi amministra e uno strumento per chi vive nelle città.

3. Il riuso partecipato delle risorse

Entriamo propriamente nel tema sostenibilità.

Tutti noi, abitanti della città, produciamo una particolare classe di  risorse. Frettolosamente definite come rifiuti.

Recentemente, vicino Parma, ho visitato un’azienda che ha avviato un efficiente sistema di raccolta di legno di rifiuto da un buon numero di città italiane che, con un impianto mastodontico, trasforma in trucioli puliti per poi produrre, su vasta scala, truciolato che va a un contiguo impianto dove si producono mobili di vario tipo per l’Ikea. Morale: il mobilio vecchio e rotto in discarica così “ritorna” in mobilio nuovo, con gradimento del cliente.

Pensiamo al vetro, alla plastica e al più umile dei rifiuti, il residuo organico. Ovvero da un lato fertilizzante per i campi e persino insieme, biogas (metano) per gli autobus, o per le automobili a basso impatto ambientale (senza le micro polveri tipiche dei diesel).

Ogni rifiuto è in realtà una risorsa nostra. Supponiamo che una rete di cittadini  faccia un’accurata  raccolta differenziata dell’umido per la produzione controllata di compost e biogas su base locale. Ambedue i prodotti finali avranno un valore, per aziende agricole e per i trasporti, pubblici o provati che siano.

Poi, pensiamo a una rete di scambio (tipo e-bay) degli apparecchi elettrici o elettronici dismessi ma funzionanti. Allo scambio di mobili (e eventualmente ore di lavoro prestate per ripristino e restauro degli stessi). E così via.

4. Gruppi di acquisto (il consumo come bene comune)

Il consumo consapevole può trovare nella rete civica dei beni comuni una propria piattaforma operativa. In grado di incentivare alla diffusione di agricoltura di qualità.

I produttori biologici accreditati, soprattutto a chilometro zero, possono usare la piattaforma per relazionarsi con i propri gas (gruppi di acquisto solidale).

Si possono sviluppare forme di e-commerce  di prodotti alimentari certificati anche al di fuori dei gas.

Ogni produttore partecipante è soggetto a un sistema di reputazione pubblico

5. Educazione

Di solito la rete serve per togliere rapporti umani diretti. Un’ipotesi è proprio quella di lavorare al contrario, aiutati dalla dimensione locale (fisica). Usare la rete civica per favorirli e organizzarli.

La risorsa anziani può per esempio essere mobilitata, con un effetto di felicità sociale per loro e per i bambini. Al motto di: Uccidiamo ore di televisione e di cartoni animati tossici. Riusiamo le favole!

Usiamo le conoscenze e le storie di lavoro presenti in decine di migliaia di menti

Ridiamo spessore storico raccontando le generazioni della nostra zona. E così via.

Ipotesi 6. La comunità come incubatore di nuove imprese

Una comunità attiva, disponibile a impegnarsi e a vivere consapevolmente la città è uno straordinario terreno di incubazione, test e raffinamento per chi vuole sviluppare innovazioni di rete a guadagno condiviso nel contesto territoriale. Questi incubatori possono dar luogo a nuove imprese, per esempio di giovani, capaci di avviare imprese anche di rilievo globale

7. Politica e amministrazione

Problemi e proposte. La zona produce politica attraverso “bandi per idee” sui temi caldi sul tappeto I dati prodotti dalla zona e dal Comune sono messi in “open data” per il riutilizzo creativo da parte delle comunità.Il forum di zona, ben strutturato e moderato, vede la sistematica presenza degli eletti e amministratori

8. Imprenditoria

La rete ospita e favorisce nuove micro-imprese avviate nell’area.

La municipalità si dota di un fondo di microcredito per aiutarne la partenza

Le nuove attività vanno dall’ospitalità ai servizi (sportivi, educativi, per la salute, ricreativi, culturali, scientifici….) fino a vere e proprie startup da incubatore

L’obbiettivo è di generare prosperità diffusa e senso di speranza, oltre la crisi

9. Salute

La partecipazione genera felicità sociale (decine di ricerche di sociologi e psicologi lo documentano)

L’altruismo attivo produce benessere in chi lo attua e in chi lo riceve

Gli italiani oggi hanno un disperato bisogno di felicità sociale (il paese più infelice d’Europa, Uni Cambridge) Le reti dei beni comuni sono quindi ecosistemi sociali attivi che producono felicità.

E questa è la massima chiave anche per la salute di ciascuno di noi.

10. Il fertilizzante

Come in ogni motore che si rispetti vi può essere un turbo. In questo caso un sistema di incentivi che spinga i cittadini a attuare azioni o comportamento “virtuosi”.

Ovvero una semplice carta urbana a punti(anche in versione virtuale, sul telefonino), simile a quella dei supermercati.

L’investimento di danaro pubblico potrebbe essere molto limitato (o persino a costo zero). conpossibilità di alleanze e sponsorship con soggetti privati (banche, catene distributive….).

In una prima fase potrebbe essere semplice (es.  per i trasporti pubblici, con punti verdi per chi li usa). Poi via via più ricca (punti verdi alla raccolta differenziata avanzata, per esempio) Oppure punti verdi a chi presta ore per assistenza agli anziani…

E infine, a regime, persino bidirezionale (con punti verdi e rossi), per esempio destinandovi un piccola parte delle accise sui carburanti. Chi fa il pieno paga punti rossi, che vanno ad annullare anche i precedenti punti verdi accumulati.

Si può arrivare, nell’ipotesi, a un sistema di premialità e de-premialità su multiple funzioni di cura dei beni pubblici, ambiente, segnalazione e condivisione di informazioni, attività volontarie di welfare….Fino a un diffuso effetto sociale di spinta sul welfare partecipato

11.Il giardiniere

Quale potrebbe essere l’architetto e il gestore di una rete civica dei beni comuni? L’amministrazione pubblica (Comune), a mio avviso, strettamente alleata ai soggetti che fanno le comunità.

I vantaggi per le amministrazioni comunali di una rete di questo tipo sarebbero evidenti:

Il welfare partecipato produce servizi di migliore qualità e minor costo.

La sostenibilità diviene cultura diffusa

L’integrità (rispetto delle regole,non evasione, non corruzione, legalità) cresce in una comunità a fiducia reciproca e guadagno condiviso.

12. La ricerca

La tecnologia c’è. PartecipaMi lo testimona.

Ciò che manca è una esatta visione del giochi a guadagno condiviso su cui costruire le comunità.

Alcuni sono stati sperimentati, visibili, (ne ho ipotizzati alcuni)altri solo potenziali, altri ancora tutti da scoprire

Ma la creazione delle reti civiche dei beni comuni è già possibile. E a basso costo.

Conclusione del gioco: La miglior politica possibile oggi

Per quelle poche persone che hanno avuto lo stomaco di seguirmi fin qui dico: senza una mobilitazione dal basso l’Italia è destinata a una crisi senza fine, sempre più profonda

La mobilitazione dal basso avviene su base locale ma…. Oggi si scontra con Amministrazioni pubbliche dai vincoli di bilancio ferrei, e una cultura profondamente meccanicista.

Ci si aspetta che le amministrazioni ci aiutino nella crisi. Poi ci viene detto che non ci sono soldi ma solo tasse in più. Le speranze crollano, si torna a casella zero, magari al conflitto permamente. E la crisi si avvita ancora di più. Le amministrazioni e lo stato devono invece contrapporvi ambienti abilitanti al Welfare partecipato Lo sviluppo di comunità (di mutuo aiuto) a costo quasi zero consente di canalizzare positivamente un potenziale partecipativo altrimenti destinato all’auto-distruzione.

Non  è quindi solo questione di sostenibilità ambientale o di innovazione tecnologica. In gioco, sulle reti civiche dei beni comuni è la strategia per fare uscire l’Italia da questa lunga, lunga crisi.

Inizio del gioco

Se vi ho minimamente stimolato con la mia teoria e ipotesi sui giochi a guadagno condiviso su base locale vi prego di indicarmi altri esempi. Possiamo, insieme, costruire quantomeno un mosaico di idee, sogni, esperienze. E, quando si crede a un progetto positivo, la probabilità di realizzarlo, con un pizzico di ottimismo e di energia, è più alta.

(intervento su PartecipaMi nella sua nuova sezione ambiente)

 

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