Partecipazione reazionaria

Ora che i radicali (a cui aderisco), insieme ai compagni di Milano in Comune hanno salvato Milano da un sicuro passaggio alla destra per cinque anni, posso permettermi di togliermi un sassolino dalla scarpa. E questo sassolino si chiama partecipazione, area su cui lavoro (come volontario ovviamente) fin dalla fondazione della Rete Civica Milanese nel giugno del 1994.
Sono passati molti anni di battaglie continue, e di continue lotte per far sopravvivere questa esperienza forse troppo avanti per i suoi tempi. Eppure 10mila milanesi erano con noi nel 1996 a popolare la rete, ricordi Anna Scavuzzo?.
Bene. Ho aderito ai comitati per Pisapia, poi per Milano, nel 2011. Felice di essere parte di un movimento che chiedeva, a gran voce, più partecipazione.
Però, se non sbaglio alla seconda assemblea dei comitati, zona Barona, si leva la voce possente di uno dei suoi capi (forse non uno ma il vero capo), tal Paolo Limonta. Che proclama: “io alla partecipazione online non ci credo, non bastano due click. Io credo solo alla partecipazione fisica”. Ed eccole lì, belle schierate le “Limonta girls” le moderatrici-facilitatrici che ti piazzano in un tavolo, ti fanno parlare a turno 3 minuti, annotano il concetto su un postit, lo appiccicano su un tabellone, e se poi provi a replicare a un altro ti zittiscono e, alla fine…buttano via i postit (ovviamente dopo aver stilato un report altamente soggettivo).
Dal 2001 al 2015 fu tutto così. Ogni assemblea dei comitati “moderata e facilitata” in questo modo (mentre Limonta parlava liberamente). Intanto il Movimento 5 stelle sulla partecipazione online cresceva, cresceva… Non solo. Queste professioniste della partecipazione fisica strutturata stavano nel frattempo lavorando, con varie interviste in Comune, a un documento strategico, linee guida sulla partecipazione nelle scelte urbanistiche (infine approvato in giunta ma ancora non disponibile). Ma chi le aveva intitolate a sviluppare la linea del Comune (la nostra casa civile) sulla partecipazione? La rete civica di Milano? tagliata fuori dall’inizio. Gli altri soggetti operanti nella città (Bocconi, Politecnico…) Esclusi. Noi cittadini? No. Ovvio, l’immancabile Limonta. Responsabile dell’ufficio per i rapporti con la Città a Palazzo Marino. A un passo da quello del Sindaco.
Il bilancio degli scorsi sei anni di partecipazione è sotto gli occhi di tutti: miserabile. A parte un paio di piccoli interventi marginali non si è fatto pressochè nulla. Non si voleva far nulla, arrivo a credere.

Abbiamo persino tentato un piccolo sondaggio deliberativo tra le mamme sui parchi giochi in zona 3…niente, ci è stato risposto che era il funzionario ad avere comunque l’ultima parola. E alla fine si sono inventati in extremis un bilancio partecipativo ridicolo (il giudizio non è mio, ma di un aderente ai comitati). Si è voluta seguire sempre la stessa logica. Invece di un progetto avanzato e un gestore indipendente (una scommessa sui cittadini e l’intelligenza collettiva), si è preferita la logica del controllo mascherato. Come nelle assemblee dei comitati così è andata nel bilancio partecipativo. E non è un caso che in precedenza Limonta per ben due volte, in altrettante assemblee dei comitati abbia invitato, come ospite d’onore, la Jolanda Romano, la sociologa torinese protagonista di bilanci partecipativi ristretti a pochi cittadini sorteggiati, e su aree ampiamente vaghe. Protagonista operativa dell’aborto milanese. Non i liberi progetti previsti in lizza negli stessi giorni a Monza. Romano: una versione reazionaria della partecipazione.
Concludo. Io vorrei che, con l’attuale giunta, si cambiasse registro. Basta con i monopoli politicizzati e esclusivi (anche in arancione), basta con le scelte apodittiche e autocratiche. Io vorrei che a coordinare e lavorare sulla delicatissima area della partecipazione ci andasse una persona realmente indipendente, senza professioniste al seguito da sostenere, capace di suscitare a Milano un po’ di entusiasmo e di libertà. Ricordiamoci quanti cittadini oggi non hanno nemmeno preso il tram per darsi la pena di andare al seggio.

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