la svolta (necessaria)

I fatti delle ultime settimane, e non solo la vicenda Wolkswagen, ci insegnano molto, se visti in controluce, su una scala di almeno due decenni.

Posso in qualche modo provarci, avendo fatto il giornalista tecnico per trent’anni, e tante sensazioni accumulate in quel periodo oggi trovano conferma.

In sintesi: ho vissuto da vicino l’ascesa della microelettronica, poi del pc, quindi l’esplosione di internet. Poi, già nel 2000, ho cominciato a domandarmi: e dopo?

Dopo, sì, ci sono stati social network, la centralizzazione della rete su Google, e molte piccole applicazioni innovative. Roba però da migliaia di nuovi posti di lavoro, non da milioni come prima. Un ciclo si era, in realtà, rapidamente esaurito. E tuttora non dà segno di riprendersi (quantomeno su quelle basi).

Al suo posto la globalizzazione, ovvero il trasferimento in Asia delle produzioni, e il sopravvento della finanza, ovvero dei grandi patrimoni, alias l’aumento a dismisura della disuguaglianza.

Il capitalismo, dal 2000 ad oggi, ha perso la bussola. Dopo gli anni dell’umanità che diveniva connessa (internet e cellulari, poi unificatisi) non ha un progetto, una direzione reale, una vision, una speranza. Soltanto spremere i salari a più non posso, e fornire ai mitici “investitori” rendimenti sempre più alti.

Questo sistema cieco, automatico, ha cominciato a schiacciare il mondo. L’Africa, depredata da occidentali e cinesi, è in molti paesi nel caos. Il Medio Oriente, dopo aver conosciuto la fallita primavera araba siriana (nata dai social network) e la folle invasione del petrolifero Irak da parte dei Bush-Cheney è oggi il focolaio della terza guerra mondiale.

La guerra dell’Irak, si noti, fu la risposta predatoria del clan Bush (petrolio) al vuoto capitalistico spanlacatosi dopo lo scoppio della bolla internet nel 2000, e alla nascita della successiva (disoccupazione di massa nascosta) e bolla immobiliare.

Così non si può andare avanti. Il capitalismo va profondamente cambiato. Va invertita la sua polarità, da predatoria a ricostruttiva.

Una strada c’è. Ed è evidente da anni. La svolta verso la sostenibilità globale.

Premetto che non sono un vero credente del climate change. Me ne sono occupato molto nella precedente versione di questo blog e ho potuto riscontrare come spesso alcuni climatologi hanno spacciato simulazioni (terrorizzanti) per dati reali, hanno gonfiato le cifre, hanno fatto di tutto per comunicare ansia e pericolo imminente.

Però alcuni dati sono risultati incontrovertibili. Gli oceani che si acidificano (assorbono la grande massa di C02), i ghiacci che si sciolgono, l’inaridimento di vaste aree (tra cui la California). E tanti altri fatti.

Ma, mi perdonerete, metto questo scenario climatico in sottofondo. Quello che porto in primo piano è il fatto, molto elementare, che ci stiamo mangiando il pianeta. Le sue risorse, i suoi equilibrii, le nostre vite (sempre più precarie, schizzate, isolate).

Clima, risorse, vite. Tutto a rischio.

Ce n’è abbastanza per voltare pagina, prima di una grande esplosione. Ce n’è abbastanza per agire subito sui veri punti di blocco. Le grandi lobbies industriali che impediscono ogni cambiamento (e qui l’attacco Usa alla Wolkswagen è emblematico), la Cina, ormai fabbrica del mondo, che deve cominciare a fare i conti con il clima e l’inquinamento (700 mila morti di tumori al polmone da particolato ogni anno), la prossima conferenza di Parigi sul clima che stavolta deve essere un successo, non come le insulse edizioni precedenti.

E come mai il presidente cinese Xi Jinping viene a Washington ad annunciare l’accordo con Obama sul cambiamento climatico? Con un sistema di riduzione delle emissioni di C02 che nel 2017 partirà in tutta la Cina? La Cina era uno strenuo oppositore, fino a qualche anno fa, di ogni misura di sostenibilità….oggi però finanzia la diffusione del fotovoltaico.

Tutto questo sembra far parte di un disegno politico molto, molto generale. Che accomuna Obama (che ormai non ha più nulla da perdere) al più avanzato capitalismo industriale Usa (Apple, Google…). Una rivoluzione nell’energia (fotovoltaico, smart grid), nei trasporti (auto elettriche e anche automatiche), internet delle cose, smart cities sono la faccia tecnologica della sostenibilità. Applicazioni per milioni e milioni di unità sul territorio.

Ha solo da guadagnarci, nel nuovo ciclo, quel capitalismo Usa. Hanno solo da guadagnarci le imprese cinesi subfornitrici della silicon valley.  Un’industria che non consuma petrolio, meno risorse, ed è meno predatoria sulle vite di chi impega.

E noi? Noi stiamo a piangere sui subfornitori veneti e lombardi del maggior produttore mondiale (wolkswagen) di un dinosauro,  il vecchio e sporco motore diesel a combusione interna di gasolio? Nemmeno sappiamo che cosa c’è dietro l’angolo? Nessuno ce lo dice?

Sta emergendo che questa storia delle centraline truccate, tra i tecnici e addetti ai lavori, la si sapeva da anni. Perchè salta fuori proprio ora alla viglilia della conferenza di Parigi? E perchè Papa Francesco fa riferimento a questa conferenza come a un evento importante, che non va mancato?

Prima c’era solo necessità. Ma ora c’è voglia politica di svoltare. Questo capitalismo, questo pianeta e questa umanità non vanno più bene.  Il neoliberismo squilibrato li ha massacrati. E’ vitale una prospettiva umana.

 

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