Totò, il Qe e l’Italia bloccata

Questo Qe mi fa venire in mente un vecchio film di Totò. In cui lui e Peppino, da sempre affamati, sbavano davanti alle vetrine di un ristorante di lusso, in cui eleganti signori e signore mangiano e sbevazzano di gusto.

Noi siamo Totò. Noi, dal 1992 (grazie a molti loschi figuri) siamo stati tenuti a pane e acqua da un debito pubblico colossale. Con conseguenti interessi da pagare anno dopo anni. Al punto che abbiamo la maggiore dispersione di risorse pubbliche (alias avanzo primario) del mondo.

Ma oggi, grazie al Qe della Bce (e per almeno due anni) il nostro debito ci costerà pochissimo. I tassi di interesse crolleranno intorno all’1%, mentre in Germania sono già negativi. Il che significa che per due anni almeno i tedeschi potranno finanziarsi il debito pubblico….guadagnandoci.

La vetrina del ristorante è questa. Dopo quasi tre decenni di sostanziale austerità si potrebbe aprire una fase di investimenti a basso costo. Siamo in ritardo e in declino. Abbiamo bisogno di una vera rete ottica a larga banda (ftth), con buona pace di Telecom, di rimettere a posto strade e autostrade, di una rete di moneta elettronica anti-evasione, di un rafforzamento della Difesa (dati i pericoli incombenti). Avremmo bisogno di tanti investimenti, cancellati o finiti nel gorgo della corruzione, nei tre decenni  del grande degrado italiano. Avremo bisogno di Università ricche, di scuole con il tetto a posto e così via.

Oggi, con il Qe, potremmo in teoria pagare all’1% questo capitale sociale necessario, questi beni pubblici. In teoria. Il vetro corazzato della vetrina si chiama pareggio di bilancio. Non possiamo sforare su questo parametro contabile, pena il conflitto con l’Europa. Che ci ha imposto una regola assurda, messa dall’integerrimo Monti in Costituzione.

Possiamo solo destinare i 5 miliardi (per due, ovvero 10) regalatici dal Qe in termini di minori interessi sul debito nel peggiore dei casi ad aggiustamenti a breve nella spesa pubblica e nel migliore a qualche manovra di investimento. E nell’ancora più favorevole caso a destinarne una buona fetta a un intermediario in grado di moltiplicarli. Per investirli in attività a ritorno prevedibile.

In chiaro. Un soggetto come Cdp (Cassa depositi e Prestiti) oggi ha tutta l’opportunità di emettere bond a bassi interessi per finanziare, anche con l’apporto pubblico, la rete a larga banda di cui sopra. Un progetto che darebbe  e creerebbe lavoro, e che rientrerebbe abbastanza rapidamente.

10 miliardi certi in mano a un soggetto finanziario capace di fare il suo mestiere possono tradursi in 30 o 40. E poi aggiungersi gli apporti privati, spece se lo Stato sa garantirne in parte i rischi.

Totò e Peppino possono, dalla porta di dietro, entrare nel ristorante. E saziarsi almeno un po’.

Draghi, annunciando il Qe, ha chiaramente affermato che la politica monetaria da sola non basta. E una qualche manovra di stimolo reale (o fiscale), come si vede è possibile. Non viola nemmeno i sacri crismi del rigore dominante in Europa. Semmai ha bisogno di qualche flessibilità sulle banche pubbliche.

Poi, come ci insegna l’esperienza del Qe Usa, dove il tasso di inflazione non si è mosso nonostante tre anni di diluvio di liquidità, è ben difficile che a settembre 2016 l’Europa verrà dichiarata dalla Bce fuori dalla deflazione.  Qui un’eloquente analisi di Michele Boldrin.

Cos’è successo all’inflazione USA durante i periodi dei tre QE? La risposta breve è “nulla”.

Questo significa che gli anni di compressione dei tassi di interesse sui debiti pubblici non saranno due, ma tre o forse quattro. Quindi una seconda tornata possibile di ricostruzione del paese.

Semprechè lo si sappia e lo si voglia ricostruire.

P.s. Stasera campeggia la notizia secondo cui Renzi, si Twitter, ha annunciato una partecipazione italiana per 8 miliardi di euro al piano di investimenti  europei Junker.  Via Cassa Depositi e prestiti. Ne sono felice, per l’Italia. E questo coincide, quasi alla lettera, con quanto poco prima scritto qui.

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