Se qualcuno volesse capire, con un minimo di sistematicità, la crisi finanziaria che ci ha colpiti e ci colpirà consiglio la lettura di questo documento.
Non è facilissimo perchè stilato, a tamburo battente da un folto gruppo di economisti europei, piuttosto qualificati.
Un gruppo di crisi. E dal documento traspare la drammaticità percepita della situazione, da catastrofe imminente, e foriera di altre, e ben maggiori catastrofi. In pratica la fine dell’Europa, il ritorno all’homo homini lupus che ha insangunato per due millenni questo continente.
Che fare? Bè, i 17 economisti (molti di loro relativamente giovani) hanno il pregio di dirlo chiaramente. L’Euro è stato progettato, fin dall’inizio, in modo sbilenco, approssimativo, mediatorio, permissivo.
Una moneta continentale, l’Euro, ma senza le istituzioni sviluppate nel corso di due secoli dal dollaro, senza gli Stati Uniti d’Europa. Una sorta di esperimento, di cuore buttato oltre l’ostacolo, da un club di banchieri centrali e di uomini di governo, nati e cresciuti però nella vecchia Europa tranquilla del dopoguerra.
Un sistema sbilenco: senza una vera e propria banca centrale come soggetto monetario di ultima istanza. Approssimativo: senza una disciplina bancaria unica e comune, e un’autorità altrettanto unica di controllo. Mediatorio: si è costruito un trattato con vincoli e obbiettivi ma poi nessuno nei fatti li ha rispettati, compresi i deficit eccessivi di Germania e Francia (inutile citare il vincolo al 60% di debito pubblico/pil in cui l’Italia si è sempre distinta per indifferenza). Permissivo: nessuna vigilanza reale. E così le casse di risparmio e le banche spagnole, ma anche portoghesi e irlandesi, si sono poture lanciare a piedi uniti nella grande sbornia del credito facile del 2001-2007, complici banche inglesi, americane, tedesche, francesi. Così le banche d’affari hanno aiutato il governo greco a indebitarsi oltre ogni limite, e mettere fuori bilancio il deficit. C’è voluta l’Eurostat, un organismo statistico, per rilevare le anomalie nei conti pubblici di Atene.
Di qui anche la pioggia d’oro (di carta) sull’immobiliare gonfiato spagnolo, i debiti personali a basso costo (apparente) per famiglie e single in Irlanda, Portogallo, Spagna. La bolla del danaro facile, negli Usa risolta stampando dollari (il dollaro è una moneta imperiale, di riserva ed entro certi limiti la Fed può farlo) nel contesto Euro è divenuta una bomba a tempo, lunga bomba a tempo.
Ora dobbiamo mettere insieme i cocci, e insieme riprogettare le istituzioni necessarie. Breve periodo (tamponamento dell’emergenza) e medio periodo (nuovo set istituzionale minimo e necessario), affermano i 17 economisti.
Istituzioni necessarie:
a) banca centrale a pieni poteri, compresa la vigilanza sugli istituti dell’eurozona. Prestatrice di ultima istanza, sia direttamente o attraverso l’Esm dotato di opportuna licenza bancaria, in modo da approvvigionarsi di liquidità (a fronte di titoli come collaterali) dall’Ecb.
b) unione bancaria, sistema di assicurazione dui depositi continentale
c) nuove regole per la finanza,
d) unione fiscale e controlli fiscali, per rendere credibile il fiscal compact
e) un regime di default controllato per i paesi euro in divergenza strutturale con il fiscal compact.Via, per esempio, ristrutturazioni del debito su scadenze più lunghe. Comunque in grado di consentire a questi paesi di ripartire su un percorso più solido.
f) un sistema di asset e di titoli sovrannazionali e privi di rischio. Gli economisti non vogliono chiamarli eurobond ma la sostanza è più o meno la stessa. Titoli utili come riserve bancarie. Al posto dei troppo sopravvalutati Bund tedeschi.
g) passi avanti continui verso l’Unione politica
Breve termine (5 anni):
L’ossessione dei 17 economisti (ma non solo loro) sta in due parole: mutualizzazione dei debiti nell’eurozona. La bestia nera per la Germania.
Non senza ragioni. Un’Europa di trasferimenti, in cui il Nord paga il Sud indefinitamente (come avviene in Italia) non è pensabile nè augurabile. Va trovato un assetto diverso e sostenibile (che gli economisti ritengono contenuto nei sette punti sopra).
Il documento cerca in tutti i modi di stemperare, ridurre, ridimensionare temporalmente questo scoglio. Ma oggi, hic rodhus, hic salta.
1. Il passaggio è però inevitabile, almeno a breve: la mutualizzazione può essere parziale e temporanea. Deve nascere dalla consapevolezza che gli errori di progettazione dell’Euro sono comuni a tutti. E non ci sono primi della classe. La mutualizzazione può prendere la forma di garanzie sul debito per i paesi in linea con il fiscal compact. E l’uso dell’Esm dotato di licenza bancaria per controllare spread e tassi di interesse sui debiti di paesi critici.
2. Non solo. Va attivata la possibilità di ristrutturazione del debito per i paesi in crisi (scadenze più lunghe)
3. Riforme fiscali: allungamento dell’età pensionabile, riduzione della spesa e del settore pubblico, riduzione del carico fiscale sul lavoro e suo trasferimento alle imposte indirette.
4. Ecb con poteri straordinari limitati nel tempo. Per intervenire significaticamente sui mercati e titoli critici.
5. Politiche macroeconomiche di emergenza. Il rischio deflazione-depressione è dietro l’angolo. Renderà tutto ancora più difficile e costoso (soprattutto in termini umani). La Bce deve usare tutti i suoi strumenti (convenzionali e non convenzionali) per evitarlo. E l’Unione deve agire perchè i paesi in surplus “trainino” quelli in deficit fuori dalle secche. E i secondi facciano le riforme necessarie per aumentare la propria competitività. Le istituzioni europee, infine, devono riformulare i propri programmi per stimolare la crescita su base continentale.
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Come si vede è un esercizio onesto e competente. Non vi sono idee sorprendenti o rivoluzionare. Ma proprio questo fa fede di chi, con sincerità e per la prima volta ci spiega questo errore storico di una classe dirigente europea. E indica una serie di misure e di tappe del tutto credibili.
Siamo ancora in tempo.
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