Il fascino segreto degli anni 90

In tempi tanto bui mi tornano alla memoria gli anni 90. Pieni di difetti anche loro, per carità, ma almeno caratterizzati da un fenomeno esponenziale: la creazione partecipata della rete.

Un sistema planetario di giochi a guadagno condiviso che ha mosso una generazione, industrie consolidate, migliaia di nuove imprese.

La rete, con il suo spazio aperto e in costante espansione, è stato concretamente vissuto come un enorme dominio di opportunità, di ritorni positivi da tutti i partecipanti. Imprenditori, manager, tecnici, innovatori, utenti professionali e singoli.

E’ l’anima di un gioco win-win come mai si è visto. Che è andato e che va oltre il ritorno materiale. Basti pensare alle community open-source. E ai servizi e beni pubblici instauratisi sulla rete. Se usate Firefox o Linux-Android, tanto per citarne un paio, lo sapete bene.

Ho tentato più volte sulla precedente edizione di questo blog di stimolare ricercatori e economisti a studiare questo fenomeno. Quello che ne è uscito (poco)  al massimo ha messo in evidenza alcune suggestività culturali del fenomeno rete, ma non è riuscito a definire un paradigma economico e di sviluppo concreto basato sulle interazioni win-win in un ambiente aperto e innovativo.

Ho il sospetto che, consolidatasi la rete (al 2008 o giù di lì) l’economia globale sia tornata al suo modello capitalistico classico: mercati proprietari (massima esponente l’Apple, ma anche lo spazio dei gestori digitali mobili), brevetti,  proprietà intellettuale, costi del lavoro più bassi in produzione, trasferimenti di industrie, finanza a più non posso….

Gli spazi sulla rete si sono rarefatti, chiusi. Pochi giganti la dominano. Guardate Facebook come ha annullato in pochi anni ogni altra alternativa nei social network. Quello che era un mondo scintillante e pluralista di opportunità oggi è uno spazio di soliti noti. Un po’ appassito.

La rete dava il tono a un decennio. Ora, in quello successivo, siamo tornati indietro. Al vecchio valore aggiunto. Una volta finita una stagione (la rete) inizialmente imprevista (dai soliti poteri), mal compresa, non aiutata da politiche intelligenti, e poi non riproducibile. Eppure un tarlo mi resta nella testa. Se quel modello aperto, partecipato e innovativo esiste perchè non studiarlo e esplicitarlo? E metterlo di nuovo al centro della ripresa occidentale?

Nelle condizioni in cui siamo cosa ci costa, per esempio, rendere lo spazio digitale mobile un bene più pubblico e un terreno di innovazione?

 

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